Il secolo inizia, speranze nei cuori,
nel cielo l'azzurro, le rondini, il sole,
regalano gioia, di dentro e di fuori,
lenzuola sul prato, profumo di viole.
Sambuco e trifoglio, libellule e grilli,
nei campi di grano, tra larici e tigli
cicale e farfalle, papaveri e gigli,
i giochi d'infanzia, galline e conigli.
La vita è serena, la sorte ti è amica,
trascorre tranquilla, si snoda pian piano
sbocciando sta il fiore, il nome di Enrica
conoscono in pochi, a Gaggio Montano.
Il padre è severo, severi i fratelli,
costringono in casa i tuoi sogni precoci,
desìderi un principe, perle e gioielli:
ti trovi a raccogliere castagne e noci.
Sei sana, sei bella, una bimba graziosa
tua madre è vicina, ti cura e ti ama,
la Luna rischiara un bocciolo di rosa,
tra il pozzo e la quercia che, amica, ti chiama.
Le fate del bosco si mettono in tondo
e danzano insieme, sollevan le gonne,
cantando le note più antiche del mondo,
raccontan le fiabe che sanno le nonne.
Il Principe Azzurro, dal rosso mantello,
montando a cavallo del bianco destriero,
ti bacia la mano, ti invita al Castello:
sua Dama, al gran ballo, sarai per davvero;
la cenere, il fuoco, le pentole in rame,
dimentica in fretta, gli alari e il camino;
sarai principessa in un grande reame,
poi sposa e poi madre, lo vuole il destino.
Enrica conosce la fiaba da tempo;
le mancan le scarpe, danzare non può:
"...non son Cenerentola, questo lo sento,
che scalza, a quel ballo, andare non so".
Luigi, da buon ciabattino, lavora;
conosce, di Enrica, l'ardente parola,
seduto al suo desco, saluta il mattino,
la sogna, la vede e il suo cuore già vola.
conosce, di Enrica, l'ardente parola,
seduto al suo desco, saluta il mattino,
la sogna, la vede e il suo cuore già vola.
" Enrica mia dolce, le scarpe che vedi
son magiche, hanno le ali del vento,
son fatte a misura di piccoli piedi,
son d'oro, legate con fili d'argento;
son scarpe di fata, che portan fortuna,
al re degli gnomi hann dovuto ubbidire:
per tutta la vita, col sole o la luna,
la via che è più retta, dovranno seguire.
La via dell'amore sincero e devoto,
tra spina e rinuncia il percorso tortuoso,
tra gioia e passione incontro all'ignoto,
la via della donna che sceglie il suo sposo.
I Principi sono già ricchi di tutto,
non è il nostro mondo, son molto lontani.
Conosco il lavoro, raccogline il frutto:
te l'offro col cuore, rispondi domani ".
Enrica risponde a Luigi di cuore:
"Non voglio di prìncipi i balli e le feste;
mi basta il lavoro, mi basta il tuo amore,
che povera sono, ho soltanto la veste".
Luigi sorride, è davvero contento,
la porta di fuori, la prende per mano,
a pieni polmoni respira, ed al vento,
affida un messaggio :"Enrica, ti amo".
Danzando sull'aia, si stringono forte,
tra i polli e le papere, oche e tacchini,
l'odore del fieno, di miele e di torte
e i cori festosi di tutti i bambini.
Un desco, due cuori, sudore e lavoro:
così si incontrarono, un giorno, alla Rocca,
il buon ciabattino ed Enrica e per loro
il mattino già aveva il sorriso alla bocca.
La notte, tra i molti filari di vite,
mostraron se stessi alla luna e alle stelle,
tra il grano, i papaveri e le margherite
Luigi ed Enrica e per veste la pelle.
Claudio Grossi.
Questa è la storia dei miei bisnonni.
Una bellissima favola.
Fotografia della chiesa della Rocca Pitigliana. (Bologna)
.
Nessun commento:
Posta un commento