lunedì 26 marzo 2007

I FIOR


Son restàa mal, de brutt,
nel vedè tanta salud,
scarligà via, pian pian,
dai sò bèj man.

Quand lée l'ha cominciàa
a vègh el mal,
l' è staa 'me 'na sassàda
in Paradis.

Regordi:
la cantava,
compagn d'on usellìn...
ma, quand lée la rideva,
savevi el sò destin....

e m'è toccàa tasè,
ma mì vedevi,
che la quattàva on mal,
che la perdevi.

E s'eri pién d' amor,
quand mì gh' hoo portàa i fior,
che hinn scarligàa, piàn piàn,
dai sò bèj man.

Regordi: la cantava,
compagn d'on usellìn,
ma quand lée la rideva,
savévi el sò destin...

E quand la m' ha guardàa,
de colp, la m' ha capìi.
E mì, primma de lée,
me son sentìi morì.


Claudio Grossi.

Presentata all' Arca Canora.
Radio Meneghina.
Organizzatore Nino Rossi.
Tra le mie canzoni in milanese, questa era la preferita da Nino Rossi.

ME PIAS RESTATT VISIN

Me piàs, restàtt visìn,
me piàs, de matt.
Quand te me sfioret
cont i tò bèj man.

E poeù la Lunna e i alber,
sul tò faccìn de angel
a fann de sfond
al ciàr di lusiroeù.

E te me se sembrada
mai, inscì bella e dolza
in di mè brasc,
che voraria fà el lader,

portatt via el savor,
e el tò profum
de rosa, in mèzz
ai fior.

Claudio Grossi

Presentata all'Arca Canora
Patrocinata da Radio Meneghina,
Organizzata da Nino Rossi.
Canzone entrata in finale.

PACE E DOLLARI

Lava, lava, soldato, la tua pelle,
con la tua saponetta: Made in U.S.A.
la tua camicia, logora e sudata,
le mani sporche di sangue raggrumato...

Scegli i compagni più feroci e butta
la tua coscienza sotto le tue scarpe.
Acceca gli occhi contro il sole e piomba
sul tuo nemico, inerme, nel villaggio.

La santa guerra ha dichiarato Washington
e il Presidente dona Pace e Dollari
ed agli oppressi, ai negri, ai Vietcong dà :
Cioccolatini al Napalm e Libertà...

Uccidimi, fratello, se ciò potrà servire
a far finire questa sporca guerra.
Però, fammi un favore : mi devi seppellire,
col mio fucile, qui. Nella mia terra.


Claudio Grossi.

La mia migliore canzone
contro la guerra in Vietnam.

AL RONALDO NERAZZURRO.

Tu puma, tu pantera, tu giaguaro,
tu lince, tu ghepardo, tu leone,
tu antilope, gazzella, tu levriero,
tu unico, funambolo, Campione.

Ma dolce, come zucchero filato,
simpatico, altruista, generoso,
onesto, come l'uomo più fidato,
sincero, trasparente, portentoso.

Veloce più del vento, tu uragano,
quando, scattando, corri verso rete;
terrore del portiere veterano,
del difensore, che non ti precede.

Tu grande Capitano, tu bandiera.
Fenomeno vivente, giocoliere
in maglia Nerazzurra o Brasilera.
Tu grande goleador, tu cannoniere.

A chi non è successo , qualche volta,
suonando la chitarra con più forza,
facendo, con il plettro in mano,
nel punto culminante di un passaggio,

sentire un :"toc" deciso, ed una corda
saltar di botto, senza preavviso?
Fatalità del gioco del destino
la corda, specialmente quando è tesa

od agganciata in modo non deciso
può, a volte, fare un volo ad arco teso.
Tu, forse un giorno, simile alla freccia,
hai superato in corsa anche te stesso;

terribile momento, ed è successo.
Tutta la rabbia, che provavi dentro,
moltiplicala in noi, tuoi ammiratori.
Ronaldo, da sportivi, i nostri cuori ,

con te, caduti a terra, stramazzàti,
avrebbero voluto sollevarti,
darti un aiuto, correre, abbracciarti,
toglierti quel dolore, confortarti.

Tu, Arpa degli Stadi, tu allegria
del calcio quando è gioco, fantasia,
potenza pura, artista del pallone,
tu semplice ragazzo, simpatia,

cambiata quella corda alla chitarra,
torna a ballare, metti le scarpette,
al suono della musica, dei cori,
tra fumi colorati, la tua danza.

Più forte tu sei già, ti vedo allora,
sanate le ferite, da leone,
saltare, tra le finte, gli avversari,
come uno slalom, giù come birilli,

in porta, attendere il portiere,
fintarlo in corsa, metterlo a sedere,
attendere il ritorno del terzino,
diventar serio e poi, con decisione,

mettere in rete un magico pallone.
Aprir le braccia, correre contento
verso la gente che ti vuole bene,
alzare il dito e ridere felice.

Sarà così, lo so, tu sei più forte
della sfortuna, della malasorte.
Se io ti fossi amico, già saprei
rassicurarti, dirti che tu sei

protetto ed invincibile. Che c'era
chi aveva il punto debole al tallone.
Ma era invulnerabile. Leggenda?
Chi lo può dire? Si sa, per tradizione.

Tu che sei qui a Milano e che ci vivi,
e sei il portabandiera del Biscione.
Sappi che l'uomo, che esso sta afferrando,
in verità, gli ESCE dalla bocca.

Sembra che sia sfinito, sia ferito,
che sia sul punto di essere inghiottito,
ma invece la sua vita fu protetta
da quella pelle a strisce, come maglia,

corazza contro il suo nemico.
E dopo un po' di tempo ecco, pian piano,
rigenerato, con la spada in mano,
risorge a nuova vita e ricomincia

a mettersi alla testa dei guerrieri,
a vincere e a stravincer, più di ieri.
In maglia Nerazzurra, il Combattente,
sotto le insegne del Biscion Vincente.

Tra poco tempo tornerai sul campo,
per vincere Trofei, Scudetti e Coppe .
Riavrai il tuo posto nella Nazionale
disputerai, di nuovo, il TUO MONDIALE.

Titolerà la stampa, in quel momento:
"RONALDO GIOCA, CHE DIVERTIMENTO...
SCATTA, SEGNA DI NUOVO, FA LE FINTE."
E noi urleremo in coro:"VIVA L'INTER ! ".

Allora, non temere, siamo a Maggio.
Magìa Potente, è quella del Biscione.
Presto, sarai guarito. Abbi coraggio.
Riavrai il PALLONE D'ORO. Ciao, Campione!

Claudio Grossi.


Dedicata al Ronaldo nerazzurro, quando si fece male.
Esempio di come la passione per il bel calcio e
l'ammirazione per un grande campione,
possano far scrivere parole , che, col passar del tempo,
poi, si riveleranno inesatte...
Amen.

PRAGA ' 68

I Rossi invadono Praga
e l' odio, col sangue , dilaga,
travolge operaio e studente
alla luce del Sole d' Oriente.

Il Muro resiste a Berlino
e Mao, se la ride, a Pechino,
stampando, col sangue, i Pensieri,
che offre ai turisti stranieri.

E non servono mille chitarre
per impedire le guerre.
Non servono lunghi capelli
per ridiventare fratelli,
perchè, da che è nato Caino,
siamo schiavi di un solo destino.

Chi uccise, nei Lager Nazisti,
sei milioni di poveri cristi,
coi forni o coi gas, perchè rei,
solamente di essere Ebrei,

sta alla pari, ancor oggi, con gente,
che, piena di cieco furore,
odia, ancor più fortemente,
chi ha la pelle di un altro colore.

E non servono mille chitarre,
per impedire le guerre,
non servono lunghi capelli,
per ridiventare fratelli,
perchè, da che è nato Caino,
siamo schiavi di un solo destino.

Due Kennedy, non sono bastati,
nonostante si siano immolati
per la gente che continua a soffrire,
imparando soltanto a morire.

E tu, che con mille fatiche,
per la pace ti sei adoperato,
hai , in premio un bel mazzo di ortiche,
legate col filo spinato...

E non servono mille chitarre,
per impedire le guerre,
non servono lunghi capelli,
per ridiventare fratelli,
perchè, da che è nato Caino,
siamo schiavi di un solo destino.

Ma se ognuno si desse la mano
e bruciasse i suoi libri di storia,
allora, a cantare vittoria,
sarebbe ogni essere umano.

Avremmo una sola bandiera:
né gialla, né rossa, né nera...
e l' atomica non scoppierà,
nella luce della Libertà.

Fratelli, portiamo pazienza,
non ci avveleniam l' esistenza.
Cantiamo ed amiamo, che, in fondo,
siamo tutti : Cittadini del Mondo.

Claudio Grossi.

Leo Wachter,
l' impresario che fece venire i Beatles in Italia,
che conobbi a 18 anni,
volle, per sè
questa mia canzone.

Mi degnò della sua amicizia.

La tenne nel suo cuore per sempre.

E - MAIL

Messaggi
sui
telefonini.

Siti
meravigliosi
di Internet.

Miliardi
di e-mail
dicono
al mondo:

un attimo
ti penso
e
un attimo
ti scordo.

Ogni istante:
novità.

Curiosamente,
nel nostro
cuore,
attendiamo
risposta.

Proiettati
verso
il nuovo
millennio,
giubiliamo.

Ma,
tra non molto,
altri
prenderanno
il nostro
posto,
su questo
sperduto
pianeta.

Prigionieri
pescati
dall' oceano
dei navigatori
solitari.

Nella rete
del Grande
Cervello.

On line...
pronti per essere,
infarinati
e fritti,
ciberneticamente.

Claudio Grossi.

domenica 25 marzo 2007

A LA BAIA DEL RE

Ona serada in compagnia,
per cascià la malinconia,
in fond al mar de l' alegria,
con la musica.

Ona serada in compagnia,
hoo ritrovàa la Poesia,
me senti giovin, come lée,
a la Baia del Re...

Chì
son nassùu mì.
Chì
hoo imparàa
ad amà la mia Cittàa,

Chì
gh' hoo on tòcch de coeùr
che se poeù pùu streppà,
nanch a provà.

Ona serada in compagnia,
voeùja de viv e de cantà
regord del primm amor, che hoo fàa,
a la Baia.

Cà popolar, sinceritàa,
de bònna gént
che la te dà
la voeuja de vèss come lée
a la Baia del Re...

Chì,
son nassùu mì.
Chì,
hoo imparàa
ad amà la mia Cittàa.

Chì
gh' hoo on tòcch de coeùr
che se poeù pùu streppà,
nanch a provà.

Ona serada in compagnia,
voeùja de viv e de cantà.
Regord del primm amor che hoo fàa,
a la Baia... a la Baia... a la Baia.

Claudio Grossi.

Canzone presentata al festival Arca Canora.
Patrocinata da Radio Meneghina.
Direttore Tullio Barbato.
Ideatore Nino Rossi.
Entrata in Finale con altre mie tre canzoni:
Te pagheree tuttcoss.
Me pias statt visin.
I Fior

Questa canzone è una mia Bossanova in Milanese.
Su queste note, Nino Rossi, ha composto Teronèla.
Ne sono lusingato. Grazie, caro Nino.

L' ULTIM PONT


Vitta de randa, vitta de galera.
Parlen de amor, i alter, quand vègn sera,
ma mì, che gh' hoo pùu donna, né danée,
me brasci, in de per mì, cont el pensée...

E l' ultim pont, che gh'è, su 'sto Navili,
l' è la mia cà, el post di mè bisbilli...
E la preghiera, che hoo imparàa de fioeù,
che hoo mai desmentegàa, la disi incoeù.

Madonna de La Rossa, damm a trà:
damm ona man a lavà giò i peccàa;
mì te regali on fior, Tì Mamma bònna,
Tì, dìghel, al tò Fioeù, che 'l me perdòna...

Hoo lassàa perd tuttcòss: famiglia e amis,
gh' hoo pùu parént; dal coeùr me son divis,
hoo cancellàa la storia e el mè passàa,
per conquistàmm 'sto stràsc de Libertàa.

Senza padron, responsabilitàa,
gh' hoo per compagn i càn de la cittàa.
Ma l' è mèj on càn bastard, a quàtter sciàmp,
che el pè d'on òmm che 'l te dà minga scamp...

Madonna de La Rossa, dàmm a trà:
l' è staa per liberamm, che l'hoo coppàa...
Mì ghe regali on fior... Tì, Mamma bònna,
Tì dìghel, al tò Fioeù, che 'l me perdòna...

Claudio Grossi.

Pubblicata sul libro edito per il Premio Poli
Associazione : El Ponteséll.
Milano.

Il disegno al computer : " Cavalli da tiro" è di Claudio Grossi.
Gli accenti, anche se non dovuti, sono posti per una corretta lettura del milanese.
Licenza poetica dell'Autore.

CORALLO

Azzurro
Corallo
è
il Nobile
Sangue

dei
Poeti.

Prezioso
scrigno
è
il tuo
cuore,

nascosto
nell'Oceano
delle parole.

Concedimi
di alleviare
il tuo peso...

Con forza,
lo affiderò a Dio.

Libera,
sarai,
sorella.

Il tuo
dolore
è
nuvola
sul mio
cuore...

Nuovo
ramo
innestato
nell' antico
tronco

dalla radice
profonda
nel tempo;

oggi,
rigoglioso
albero,

dove
ogni
pensiero
è
un fiore,

accarezzato
dal
vento
della
Poesia.

Assaporo
dolcezza,
dal frutto
di una vita
amara.

Sole
e Luna,
notte
e giorno,

hanno
il ritmo
dell'Eterno,

immutabile,
Amore.

Claudio Grossi.

A Fernanda Pivano,
che ama
i Coralli Blu.

RIFLESSI

Una Stella di Mare, guardando la Luna,
riflessa nell'acqua più chiara,
le chiese se in Cielo vi fossero onde,
cavalli marini e delfini.

La Luna, paziente, rispose alla Stella
che il Cielo era come un tappeto,
nel quale, brillanti eran sparsi,
per essere visti da tutti.

Galassie e Sistemi eran come riflessi
in un gioco intricato di specchi
rivolti sul Mondo, in maniera che l'Uomo
capisse chi fosse l'Artista,

e, alzando lo sguardo,
levasse un pensiero,
per rendere Grazie, di cuore,
a Dio, che ne è il solo Signore.

"Conosco il Suo Nome!"
- rispose la Stella -
lo cantano i pesci nel mare...

Per questo
il Signore
ha voluto
che in fondo,
poggiate
sui lidi abissali,
tra alghe
e le sabbie
vi fossero
Stelle.

Claudio Grossi.

sabato 24 marzo 2007

PENSA, VESS SINDICH...


Pensa, a vèss Sindich, come el sarìss bèll !
Te ne farìsset rìd a crèppa-pèll,
con tanti gioeùgh de fà, per tùtt Milàn,
tra saltinbànch, pajàsc e battimàn ?

Fà scorpasciàd per tutt i dì de l' ann,
busècca e poeù risòtt cont el saffràn,
pollàster, salzizzòtt, luganegon,
polpètt, cassoeùla, e lìter de vin bon !

O pùr ghe sarìa el ris'c de peggiorà
tutt quèll che gh' èmm avùu in del nòst passàa ?
Vist che, in intelligenza, a tanta gént,
a pòcch a pòcch, ghe s'è annullàa el quoziént ?

A dagh el voto a quèj sèdes ann,
a tutt i forestée vegnùu a Milàn,
ghe ne voeùr fìdigh ! Ghe ne voeùr coràgg !
Vota l'Asilo... se gh' è di vantàgg ?

Ma poeù, quand passa i dì de la cuccàgna
se podarìss fà el cunt cont la Padania,
e se l' Umberto, el Silvio, dìsen : " NO."
insèmma al Fini, pòver Dario Fo...

Nobel o sèrv ? De cèrt : cont el sangh bloeù.
Contadinàsc ? Poeù vèss. Ma, al dì d' incoeù,
gh' è minga de fidàss. Perchè se ved
che pàren Nobel quèj che no se crèd.

Sèmm vegnùu a fàtt omàgg per tanti dì.
Tì, te ghe séret mai. Se pò capì.
Ma, sacranon ! Cossa te costa mai
ricév la gént, cognòssej, e 'scoltàij ?

Davéra, te sée mèj de certa gent
che la vàr pòcch, disèmm, che la vàr: niént.
Ma da quèst a vèss Sìndich, gh' è de corr.
Dai, lassa pèrd. Perchè, se no, hinn ... dolor.

Claudio Grossi.
Il disegno al computer : " il Clown toreador " è di Claudio grossi.

CORNAMUSA E GHIRONDA
















Al sòn de cornamùsa e de ghironda
e nùmm, visìn al roeùgh, per fàgh brusà
el contribùtt, che questa baraonda
de mond bastàrd, el n' ha descaregàa,

da sècol, come sabbia in la clessìdra.

Se sèmm trovàa in sul gòzz, quasi ogni dì,
el ruff, che i àlter ràzz n' hann trapiantàa
tutt i volt che rivàven, per stà chì,
i lor usanz, quand che hann fondàa cittàa,

perchè hinn andàa pùu via, perchè hinn restàa.

I Cèlt, i Etrùsch, i Elvézi, e poeù i Camùnn,
i Gall, e poeù i Romànsc, i fiér Scozzés,
i Basch, gh' è stàa salvezza per nessun,
ROMMA l' ha devastàa tutt 'sti paés.

Perchè el potér l' è sémper d' on color.

Chi el dèrv i oeùcc, el ved, primma del temp,
come on profètta, 'me la và a finì...
Allora, dèmm a trà, vardée che niént
la fermarà, se Mòrt l'è adrée a vegnì !

Perchè gh' è pùu Radìs, sèmm pùu Nazion !

Incoeù sèmm in Europa, ma la strìa,
che l' ha rugàa e inzigàa, l' è la: Zabètta...
Per dominà 'sto mond, cont l' altra Arpìa...
La mamma e la soa tosa malarbètta!

Perchè quand la gramègna l' è in sul scàgn...

On sòn de cornamùsa e de ghironda
che quàtta giò la vos del comandà,
di dittator, che fann la nòtt profonda,
per dàgh, a i Stèll e a i Lùnn, l'autorità.

El So, son mì ! I àlter hinn: Nullità.

Ah, fèsta de la Vitta, dell'Amor !
Per costruì la Pas, ghe vorarà :
Fòrza, Salùd, Fermèzza, Stìmma e Onor,
riconquistàss, Padan, la : LIBERTA'.

Question de témp. Sicùr : se rivarà.

Stringèmm i pùgn, slarghèmm la nostra màn,
on Coeùr, on Ideàl, l' istèss Pensér:
nùmm, tùcc unìi, vèrs on radios Domàn:
LIBERA' LA PADANIA, L'E' EL DOVER !

Con questa Féd, sicùr se reussirà.


Claudio Grossi.

Recitata e Registrata a Tele Padania
trasmissione Muse Padane,(puntata dedicata a me)
condotta dal Prof. Andrea Rognoni
Direttore di Arte Nord.


I disegni al computer: "L'Azteco", "Napoleone", "Imperator", "Alexander ",
sono di Claudio Grossi.
Gli accenti, anche se non dovuti, sono posti per una corretta lettura del milanese.
Licenza poetica dell'Autore.

LA VEGGIA CIMA NORMA


Da ona finestra d'ona cà de Dang
Do'e gh'è la Posta sotta on bèll terrazz,
Se pò vedè ancamò e, forse, rimpiàng...
Archeologia Industrial. L'è on grand palàzz.

Ciamàll : "Palàzz", l'è quasi ona bosìa,
in veritàa, se pò denominàll
on rùder imponént, fàa in su la via,
che va vèrs Olivon, chì, in de la Vall.

La vèggia CIMA NORMA che gh'è a Torr,
l'è el simbol d'on benèsser che el gh'è pùu.
El ben, che on dì l'ha fàa, le sa el Signor,
tanto l'è el temp che l'hann saràda sù.

A pieno ritmo del sò lavorà
la vitta la passava in sicurezza
tra CICOLATT e pan de fà' bastà :
l'amàr mis'ciàa ai fregùj de la dolcèzza.

Mì senti anmò el savor de quèj... soufflage
chi l'ha provaa, el pò no desmentegà,
impienìi de bontàa, col gran vantàgg
de mangiànn 'na donzènna e mai stà màa...

Ah, che bèj temp, podè tornàa al passàa !
Me piasaria vedè tutta la gént
che l'è stada, de colp, lassàda a cà,
tornà lì a lavorà. Come fuss niént.

Ma el témp d'incoeù l'è on témp avàr e dur
gh'è pùu l'amor, el bén, la caritàa.
Intorna a i nòster coeùr èmm fàa sù i mur
e dèrvomm mai la porta a la pietàa.

L'ariditàa de tutt i sentimént
l'ha fàa el progress basàa sora i danée.
Politica aziendàl. Quèj che gh' hann niént,
vàrenn nagòtt. Sbattùu foeùra di pee.

Ah, CIMA NORMA ! Sù, vesìn al tècc,
gh'è on gran bèll stèmma, dént i ragg del So...
Ghe l' hoo in di oeùcc. Ghe l' hann anca quéj vècc
che vègnen finna a chì. Scorlénd el coo.

Claudio Grossi.
Torre. Val di Blenio
Canton Ticino.
Svizzera
L' immagine della Fabbrica di Cioccolato
"CIMA NORMA" è tratta dall'Archivio Donetta.
Fotografo Beniese. Risale al decennio 1920-1930 circa.
Gli accenti, anche se non dovuti, sono posti per una corretta lettura del milanese.
Licenza poetica dell'Autore.

L' E' SEMPER PREST...


Hoo fàa on tocchèll de stràa, per 'sto paés;
giust quèll che l'è stàa assée, arént ai scés,
cont el pensér rivòlt a quèj che, jér,
passàven anca lor, per 'sti sentér.

L'è anmò tùtt come ai témp de tanti ann fa.
Istèss di mè regord: stèss mur, stèss cà;
e pròppi in faccia a mì, pròppi de front,
reconossi i montàgn e l'orizont.

De drée a ona curva strètta, sora i pràa,
se comincia a andà in sù. Indoe ghe sta,
tra i piant de làres, nètt, l'antìgh profìl
de la gésa de Torr, col campanìl.

A l' improvìs, scondùu da on vècc murètt,
quasi smorfios, séri, educàa, discrètt,
gh'è el loeùgh indoe riposa, tra la quiètt,
chi l'ha portàa de là tutt i segrètt:

l' òdi, el dolor, l'invidia, e i sò contés,
tutt quèll che l'è stàa vitta, in 'sto paés,
disperazion, ricchèzza e povertàa.
Tutt quattàa giò. Scondùu. Desmentegàa.

Ma me despiàs che, insèmma a 'sto témp làder,
la màder de la màder de mè pàder,
cont la soa cros de lègn, in dignitàa,
la sia finìda in niént. Tutt cancellàa.

Polver su polver. Quèst deventarèmm!
Tra rabbia e amor. Preghiér cont i bestèmm.
E quand avarèmm finìi, de fà frecàss,
ne ruzarànn, de prèssa, sòtta a on sàss...

Ma, intant che sèmm de chì, pensèmm al rèst,
a vèss cristiàn, minga domà per nòmm.
Che, per vèss séri, l'è stàa creàa, l' òmm.
Che, per andà de là, l'è sémper prèst...

Allora? Stèmm in gamba, tùcc insèmma.
Cantèmm, bevèmm, ballèmm in compagnìa!
Tra i nòst amis, restèmm, in alegrìa!
Ruzànd ai spàll el rèst. E inscì la sia.


Claudio Grossi.
Torre. Valle di Blenio
Canton Ticino - Svizzera
"La Gèsa de Torr, col campanil...".
La Chiesa di Torre, col campanile.
La foto è del 1930, e fa parte dell'Archivio Donetta. Fotografo Bleniese.
Gli accenti, anche se non dovuti, sono posti per una corretta lettura del milanese.
La " o " non accentata, si legge : "u".
Licenza poetica dell' Autore.

EL PRESTIN











On poo primma del pont, in su la via
che porta in Alta Vall, se pò vedè
la cà d'ona Famiglia, amisa mia,
con tanti fioeù e nevod, fin che hinn assée.

On bèll ingress, 'na porta e on corridor,
fàa in lègn e véder, sotta on bèll balcon.
Ghe gira, intorna, on gran terrazz, coi fior,
bèj piant, scernìi, che fann decorazion.

De sotta, gh'è on prestìn che l'ha fàa el pan
assée per quasi tutta questa Vall.
So no se l'è anmò attìv... ( per tanti ànn,
l'ha lavoraa, con lènna, sémper cald ) .

L'era el pan pussée bon e savorìi
che mì abbia mangiàa mai, in del mè passàa,
sémper frèsch e croccànt, bon de impienì,
col sò profùmm: i màn, el nàs, la cà.

Pan del Bertìn de Dong, el prestinée.
Marì de l'Alda. Pròppi on amison !
Quell che tùcc i bagàj ghe andàva adrée,
per fàss portà, on tocchèll, sul sò furgon.

Témp d'ona vòlta, quasi me par jér,
quand s'eri on fioeù e vegnivi chì, a trovà
i mè cusìnn, ( in on Paés straniér ! )
la mia bisnonna, cont el mè papà.

Quand che giugàvi, insemma a tanti amis,
senza pensér, col coeùr inamoràa,
de 'sta fètta de pan del Paradis...
di bosch, di bèj montagn, del fén sui pràa,

de 'sta Bandera Rossa con la Cros,
del Ross e Bloeù de 'sto Canton Tesìn,
de 'sto dialètt, che el gh' ha la stèssa vos
de la mia nònna, che gh' hoo pùu vesìn....

On poo dòpo del pont, in su la via
che vén giò da la Vall, se pò vedè
la Cà d'ona Famiglia, amisa mia :
l'è la Cà del Bertino, el prestinée.

Tutt i vòlt che la vedi, el mè ricòrd,
l'è el profùmm del sò pan, quand s'eri on fioeù.
Me piasaria savè se sii dacòrd :
"Gh'è on savor inscì bon, al dì d'incoeù ?".


Claudio Grossi.
Torre. Valle di Blenio
Canton Ticino
Svizzera.
A tì, cara nonna, che gh' hoo pùu vesìn...

1) Il ponte di Acquarossa, negli anni 20.
2) La casa del Bertino, el Prestinée.
3) Il vecchio negozio, che precedette il Prestino.
Le fotografie , degli Anni '20, sono tratte dall 'Archivio Donetta.
Fotografo Bleniese.
Gli accenti , anche se non dovuti, sono posti per una corretta lettura del milanese.
La " o" non accentata, si legge: "u".
Licenza poetica dell'Autore.

CADUU PADAN

Fradèj ! Sorèll ! Che avìi lassàa 'sto mond
cont el pensér rivòlt al nòster Sògn !
Unìi, nell' ùnich nòmm che corispond
a chi stà, a fianch a fianch, in del bisògn.

Se avìi passàa tanti ann de l'esistenza
a sbassà el coo, in on gioeùgh de servitù,
trattàa 'me nullitàa, cont l'insolénza
che la vén fada a quèj che hinn stàa abattùu.

Sarìi sémper con nùmm, in de la lòtta
de Libertàa, che fann i Patriòtta.

Perchè, quand el Carròcc el v' ha ciamàa,
sotta i Bandér, per vèss anmò Nazion,
Viàlter, sii stàa bon de fà quadràa,
col voster SI, la : Grand Rivoluzion !

Incoeù, sèmm vegnùu chì, col nòster coeùr,
per regordà el ripòss de chi, a la Tèrra,
l'ha consegnàa el sò còrp. Perchè: se moeùr.
Ma, i Nòmm, hinn sémper : Vìv. In pas, o in guèrra.

Sarìi sémper con nùmm, in de la lotta
de Libertaa, che fann i Patriòtta.

Nùmm ve ricòrdomm tùcc. E in di preghier
fàa al Nost Signor, magari se guadagna,
on pòo de Paradìs...Gh'èmm el Dovér
de fà, anca per viàlter, la Padania.

Questa l'è la Padania. L'è la Tèrra
fàda de làcrim, òss, sàngu e sudor,
di noster antenàa, che adèss, sòtt-tèrra,
gh' hann el nòst contribùtt : RICORD e AMOR.

Sarìi sémper con nùmm, in de la lotta
de Libertàa, che fann i Patriòtta.

Incoeù : " Desnoeùv Novémber del Domilla ".
Nùmm, tùcc insèmma, pòrtomm 'na scintìlla.
La Lus del So di noster bèj montàgn,
la bàsa in front, anmò, i Fradèj Padàn!

Sarèmm sémper unìi, in de la lòtta
de Libertàa, che fann i Patriotta.

Claudio Grossi.

Questo pensiero e' arrivato fino in Uruguay.
Grazie.

Gli accenti, anche se non dovuti, sono posti per una corretta lettura del milanese.
Licenza poetica dell'Autore.

SORGI, POPOLO PADANO

Non siam schiavi di nessuno.
Tanto meno dei ladroni.
Mafia, n'drangheta e furboni,
spazzerà il Vento del Po!

Roma è là, con i suoi dei,
coi suoi Fori, i suoi Altari,
coi suoi lupi e... lupanàri,
coi suoi Papi e Cardinali...

Due millenni di potere,
il tuo clero ci ha "donato",
tra l' incenso e le preghiere,
tanta gente ha divorato.

Prostituta maledetta!
Troppo tempo ci hai ingannati.
Ti colpisca la saetta
dei PADANI FEDERATI !

Come Alberto da Giussano
alza il "ferro" con fierezza,
"SORGI , POPOLO PADANO !
LEGA NORD, NESSUNO SPEZZA! ".

Pura è l'acqua dell'ampolla
che versata fu in Laguna.
Puro è il cuore della folla
che: "PADANIA" battezzò.

Nella Terra del Lavoro,
nasce il Sole e una Bandiera:

BIANCA e VERDE , Forte e Fiera.
S' alzerà al Vento del Po.


Claudio Grossi.

IL PROFETA


Verrà il giorno che il Re sarà Uomo.
Verrà un Uomo che poi sarà Re.
La Scrittura è verace, ed è in questo Tomo
che i Profeti parlaron di me.

Prostitute e ladroni, con sè porterà,
tra pezzenti e straccioni il suo Regno sarà,
tra esattori di tasse e banchetti per via.
E chi mai, voi credete che sia ?

Scaccia spiriti, certo con stregoneria,
imparata in spelonche della Samaria,
forse a Tiro, a Sidòne, in Egitto, chissà ?
Questo oscuro individuo una patria non ha.

E' cugino di un pazzo che Erode insultò;
Salomè chiese il prezzo, Giovanni pagò.
Sopra un piatto d'argento la testa finì.
La sua lingua, in quel modo, per sempre zittì.

Un profèta, un santone, oppure: stregone.
Un Levìta, di certo, non è.
Di esaltati, fanatici di Galiléa,
abbastanza ne abbiamo, in Giudéa.

Se di Davide figlio egli sia, non lo so,
ma Betlemme ricorda la spada.
E nel Tempio, i Mercanti, poichè li frustò,
lo perseguitano, dovunque vada.

Nel deserto rimase, tra serpi e scorpioni
e, tra diavoli e i capri, imparò le pozioni,
perchè i ciechi, col fango, potesser guarire,
con radici e le erbe, ferite lenìre.

La locanda di Lazzaro, Marta e Maria,
era piena, e i lamenti si udivan per via,
Quando lui, che tornava, guardò da lontano.
Dal sepolcro, uscì il morto, e cercò la sua mano.

Com'è lunga la strada per Gerusalemme !
Quanto gli anni di vita di Matusalemme.
Senza sandali ai piedi, bastone e bisaccia.
Brucia il suolo ed il Sole arrostisce la faccia.

Dammi un sorso da bere ed un po' di frescura,
che mi possa lenìre da questa calùra.
Il profumo di donna che allieti il mio cuore
e cancelli dagli occhi l'angoscia e il dolore.

Se Pilato non mette Barabba sul legno
la Giustizia, per questo, non vale di meno!
Ma Giovanni Battista e quel Nazareno
se tempesta li spazza, sarà arcobaleno.

S'è girato, e il suo sguardo era franco e leàle,
tra i capelli, le spine, facevano male.
Una goccia di sangue, gli cadde sul viso,
cancellando l'accenno di un triste sorriso.

Maledetta la gente che Legge non sa
che ti vomita in faccia la sua verità.
Non conosce un versetto, dal giusto si svìa;
punta il dito e t'accusa, con la Profezìa.

Su quel legno, inchiodammo, con ipocrisia.
La violenza respinse l'idea
che quel Rabbi, profeta della Galilea,
fosse Re, e l'atteso Messia.

Claudio Grossi.
Il disegno al computer è di Claudio Grossi.

EL FOULARD DE SEDA


Gh' avevi la morosa, e quand che l' hoo lassàda,
gh' hoo regalàa on bell foulard de séda.
Gh' hoo dìi de 'spettàmm, che ritornavi,
e quand che s'eri a post, mì la sposavi.

E la gh' aveva sù on bèll foulard de séda,
la camisètta tutta ricamada,
la me piaseva perchè l'era educada,
la sorideva, quand ghe parlavi mì.

Son andaa via, e l'hoo pùu incontrada,
la me scriveva che la stava ben...
mì me diséven che l'era on poo cambiada...
che l'era pùu come quand ghe s'eri mì.

E la gh' aveva sù on bèll foulard de séda,
la camisètta tutta ricamada,
la me piaseva perchè l'era educada,
la sorideva, quand ghe parlavi mì.

Adèss me scriven che l'è in mèzz a ona strada,
che l'è, dì e nott, taccada al marciapé.
Ghe credi no. Perchè l'era educada...
L' avrà trovàa, de cèrt, on quaj mesté.

E la gh'aveva sù on bèll foulard de séda,
la camisètta tutta ricamada,
la me piaseva perchè l'era educada,
la sorideva, quand ghe parlavi mì.

L' hoo vista l' alter dì : l' era settada
su ona banchètta in mèzz ai giardinètt,
coj gamb accavallàa, tutta impiastràda
de rìmmel, de ceron e de rossètt...

Ma la gh'aveva sù el mè foulard de séda,
la camisètta tutta ricamàda,
la me piaseva perchè l'era educàda,
la sorideva, quand ghe parlavi mì.

L' hann trovàda in del Navili, la mattina,
senza borsètta e senza i sò danée...
pénsen che l' hann coppàda, per rapina,
intant che la faseva el sò mesté.

E la gh' aveva... al còll el mè foulard de séda,
la camisètta tutta ricamàda,
la me sfottéva, brutta disgraziàda!
E la rideva, quand ghe parlavi mì...

Claudio Grossi.

Canzone scritta nel 1962.
Tratta da un articolo del Corriere della Sera.
All' eta' di 16 anni.


Il disegno al computer " El foulard de seda " è di Claudio Grossi.

VIA DELLA SPIGA

Gh' è on òmm che el fadìga,
mattina bonora,
in Via de la Spiga...
con cura el lavora.

El nètta la strada,
tra bèj vas de fior,
el dà ona lavada
ai prèj, con amor.

L'è vèggia, l'è antiga,
'sta via de Milàn...
de colp, la te intrìga,
in del mond de doman.

I Nòmm pussée bèj
de la Moda hinn unìi...
se gh'è, incoeù, de mèj,
de quèll che gh'è, chì?

Na strja, sòtta 'l ciél,
vestìda de noeùv;
comètta de mél,
de lus che se moeùv...

La Spiga madùra
la s'ciòppa de gran,
la porta in del Mond
el nòmm de Milàn.

Vedrìnn, in filèra,
'me spècc, sberlusént:
gioièll che, de sera,
fann ricca la gent.

L'è semper in fèsta,
de nott e del dì.
La cambia la vésta,
la mètt el vestìi.

Giò de Cors Venèssia,
Mont Napoleon,
Gesù e poeù Sant Spirit,
la va in Via Manzon.

Tra Dolz e Gabbana,
Versace, Moschin,
gh'è Krizia, gh'è Armani
e gh'è el Valentìn,

Mattiolo, e poeù l'Hermes
gh'è Tiffany e Todd's...
S' te pàsset, tì, fèrmes!
Gh' hinn tanti bèj ròbb !

On pass adrée a l'alter:
on Re, te sarée...
Via Spiga: el teàter
de tutt i danée....

Claudio Grossi.
Dedicata ad una delle più famose vie di Milano e del Mondo.

VIA DE SANCTIS AL VUN

Via De Sanctis al vun, al quart pian,
stann de cà dò me amis, dò tosànn:
voeùnna l'è la Graziella, ma l'Annamaria,
l'ha gh'ha i oeùcc pussée furb de la via...

Tutt i dì vann a scoeùla col tram,
ma quand vègnen a cà, per parlàmm,
de nascost de la mamma e 'l papà,
quanti scus deven vègh e inventà...

Bel faccìn, coi lentigginn e i trèzz,
dò tettìnn... che te mètten el frècc...
ma quell ràmm, di cavèj, ghe l'hoo chì,
in del mè sangh, che el segùtta a buì...

Quanti vòlt t' hoo cercàda, e ho sognàa
de tegnìtt per la man, per i stràa,
de vèss tò cavalier, on romantegh de jér,
quanti volt t'hoo rivolt el pensér...

E tì ? Niént. Mai on sorìs, mai on piasèe.
Perchè s'eri on brav fioeù, ma i danée,
eren quèj che mancàven, perciò,
dal primm dì, te disévet de no...

T' hoo rivista anmò, in Porta Romana.
Te parévet tò nònna... o toa mamma...
meno mal che de gio'in l'hoo scampàda!
Ciappà ti? Avria fàa 'na vaccàda...

Sent:" El fior el se càtta in del crèss,
e l'amor el fà milla promèss...
Te promètti... t'el scrivi, belée.
Guardi tì ?...Preferissi i... danée.

Claudio Grossi

Gli accenti, anche se non dovuti, sono posti per una corretta lettura del milanese.
Licenza poetica dell'Autore.

MADAME D' OR

Dove vanno a finire gli amori perduti
tra la spuma del mare e le sabbie lontane?
Le promesse, i pensieri, i tramonti vissuti
come abbracci roventi? Che cosa rimane ?

Dimmi: qual'è la strada che inizia a deviare
( mette il cuore a tacere e dà voce a ragione )
dal percorso che è retto e che porta a sbagliare?
Ho cercato, ho indagato, non c'è spiegazione.

Dolce, cara ragazza, l'amore è cambiato.
Non da spazio alla gioia. L'abbiamo ignorato.
Qualche:" ciao ", sussurrato in un tempo invernale,
con l'estate lontana. Ed il gelo rimane...

Dove è andata a finire la nostra allegria?
Le carezze ? Gli sguardi? L'ingenua follia ?
Una rosa appassita, curvata dal tempo,
ha perduto il profumo e il colore, nel vento...

...e non nascono fiori e nemmeno poesia...
i diamanti, son sparsi, per tutta la via...
oro e argento han pagato la tua libertà.
Prigioniera di un tempo che non tornerà.

Nella casa: il suo letto, le fotografie,
la sua musica, il plettro, la voce ed il canto;
non t'importa se, in vita, ti ha detto bugie.
Non è un santo...E' un Poeta.... Un uomo soltanto.

Ma un Maestro. Una mente. Un marito esemplare.
Un amico. Un amante. Un geniaccio. Un pirata.
Generoso furfante. Da odiare ed amare.
Funambolico artista, che ti ha conquistata.

Il suo timbro, lo stile, il suo fare gentile,
ti hanno presa d'incanto, nel modo più raro:
han colpìto il tuo cuore in maniera sottile;
prigioniera legata, ormai senza riparo...

Dice un Saggio: " La donna è la forza dell'uomo ".
L'hai amato e protetto, in un dolce abbandono...
Nel suo frutto, la Vita continua, a dispetto
del gran vuoto, e il dolore, serrato nel petto...

Canta, ancora, le note delle sue canzoni
che rinascono, in coro, nei cuori dei buoni.
Chi è vissuto, nel segno di ciò che è più vero,
non si perde. E, ogni volta, rinasce davvero.

Claudio Grossi.

Dedicata a Dori.

REINHARDT

Nato a Settembre del Ventidue,
sotto bandiera Rossocrociata,
a sedici anni, sollevi un bue,
ogni fanciulla ti è fidanzata.

Della tua forza si fa notizia
perchè, a ogni festa, sei l'attrazione,
a torso nudo, senza malizia,
come un fenomeno da baraccone,

spèzzi caténe a forza di braccia.
Golosa, all' albero della cuccagna:
nubile, o vedova, forte, si abbraccia
nel tuo sudore, come una cagna...

Padri e fratelli giuran: vendetta...
covando, torvi, sordo rancore;
stringendo i pugni, e poi, senza fretta,
mischiando, insieme, vino e furore.

Quando cammini per il paese,
belle ragazze, apron sorriso,
dalle finestre, lenzuola stese,
sempre promettono il paradiso...

A diciott'anni, le sere di Maggio,
steso sui campi, rubi l'amore
ad ogni donna che, con coraggio,
fugga, in anticipo, dal confessore...

E tu, al fruscìo di ogni veste levàta,
con dita esperte, trovi la via
che, dagli artigli e da schiena graffiata,
a volo d'aquila, il cielo vi dìa...

Ed è tra l'erba, tra i fiordalisi,
che, bacia rose, la tua rugiada,
spegne l'arsura di amori divisi:
ad acqua in bocca, nessuno bàda...

Ma, il giorno dopo, basta il rossore,
basta uno sguardo, un tocco di mano,
una parola, un leggero tremore,
a scatenare un vero uragano...

Non hai più pace, non hai più scampo...
ad ogni angolo, un volto ti spia...
gelosi gli uomini, femmine in campo.
Fuggi, ragazzo ! Vattene via ...

Cambi il tuo nome, cambi paese,
quando, in Italia, scoppia la guerra,
Grecia, Albania, la storia è palese:
hai cento rose, sopra la terra...

Tornato in Patria, tutta la gente
viene alla chiesa, a darti il saluto:
Parroco e uomini... Sempre si mente.
Tu, tra le donne, i fiori, e lo sputo..

Giovane eroe, stallone da monta,
gallo cedrone, tu anima santa,
anche scomparso, lasci l'impronta
che mette il diavolo nell' acquasanta.

Anche scomparso, lasci l'impronta
che mette il diavolo nell' acquasanta.


Claudio Grossi.

Dedicata a Gino.

IN PUNTA DI PIEDI

Se la Natura è nostra matrigna
e, a malavoglia, ci ha generati,
un dio ubriaco, sempre si indigna,
al sol vederci, quando, stremati,

chiediamo lumi, cerchiam ragione
per l'abbandono in questa violenza
che ci ven fatta, in continuazione,
dal primo attimo dell'esistenza.

Nè Padre ricco, nè Madre bella;
spogli, di terre, marchiati schiavi,
nudi, del canto d'una sorella,
di alcuna donna, che l'onta lavi,

noi, nel peccato, bruti siam resi
da streghe e démoni di questo mondo,
senza riscatto: per sempre, presi
in un gran baratro, senza fondo.

Salvaci! Salvaci, potente dio !
Nel limbo mèttici! Facci scordare...
Donaci! Donaci, presto, l'oblio!
Facci, quest'odio, dimenticare...

Sempre, di Prìncipi, fatta è la vita,
le Principesse han bella la veste;
liùti e mandòle fan cosa gradita
se, in coro, cantano a tutte le feste...

Canta anche il cuore di un nano deforme,
ricco d'amore, saggezza e poesia...
che, solo in sogno, possiede le forme
belle d'un Prìncipe, ma è fantasia...

Madre Natura ha voluto, per gioco,
prendersi il gusto di essere avara...
e vendicarsi, col ferro e col fuoco,
forgiando un essere di forma rara:

un "pezzo d'uomo", al peso soltanto...
un chilo abbondante , ma... solo cervello.
Altro?...Superfluo. Basta il suo canto
a farlo un Nobile, a renderlo bello...

A metterlo, in pari, di fronte ai sovrani,
ai grandi poeti, ai profeti, ai "pastori "
ai gran guaritori, che impongon le mani,
ai maghi, che espellono il Male di fuori...

Ai gran cartomanti, ai veggenti, al Sapiente
che recita, assorto, quel vecchio copione
che adesca l'allocco che ascolta, paziente,
quel che gli imbonisce la televisione...

Un uomo, un filosofo, esperto di Storia;
antico è il Maestro, a sentirlo, non credi
diventi un vincente, eppure la Gloria
corona gli porge, ma...in punta di piedi.

Scherza, Natura, con grande sarcasmo,
quando comprime, in un uomo, potenza;
forza moltiplica e dona entusiasmo,
marchia, nei geni, la nuova esistenza.

Sotto radice, accumula doti
pronte ad esplodere molto più avanti...
alita, agita, soffia e poi scuoti:
nascono Nani, diventan Giganti.

Alita, agita, soffia e poi scuoti:
nascono Nani, diventan Giganti.

Claudio Grossi.

venerdì 23 marzo 2007

RABISCH D' LA ACADEMIGLIA DA LA VALL DA BREGN

di Claudio Grossi, Milanese.

In ricordo delle Famiglie Margelli e Grossi di Torre, miei antenati, che scelsero questa Valle, che diede loro lavoro e molta serenità.
Alla mia bisnonna Mazzocchi Enrica, a mia nonna Ersilia, che amò questi ameni luoghi come la propria terra di Gaggio Montano, ma che dovette abbandonare, per ubbidire al proprio dovere di sposa fedele e di madre operosa.
A mio zio Ezio, che morì di dolore per la chiusura della Fabbrica Cima-Norma, che dopo molti anni di splendore, gettò nella disperazione tante oneste famiglie.
A mio padre Lidio che, grazie alla generosità del proprio Paese di nascita, rivive in senilità, con integrità esemplare, assieme a mia madre Tina, i ricordi degli anni felici della propria giovinezza sotto la Bandiera Rosso Crociata.
A mio nonno Dante, che, sbagliando, mi rese orfano di questa Terra di Libertà e di Giustizia, nella quale mi sarebbe piaciuto nascere e vivere per sempre, va il mio pensiero, nel rispetto delle sue idee, che mi affascinarono in gioventù, ma che non ho mai condiviso in età adulta.
La vera democrazia si basa sul rispetto delle persone, sulla tolleranza e la fraternità dei Popoli e delle Nazioni.
Le diversità di pensiero vanno risolte con la ragione, mirando al benessere comune.

Ai miei amati zii: Nildo, Ezio, Gino, Italo ed Elio, che qui nacquero e vissero, in felicità e benessere, da giovani, con i compaesani che li videro crescere accanto a sè, le prime esperienze di vita valligiana.

Amarono moltissimo questo paese, che fu strappato loro dall'ingiustizia appartenuta ad un amarissimo, violento, periodo della storia umana.
Sempre lo custodirono nei propri cuori, e trasmisero anche a me l'amore per questi luoghi bellissimi, per la pace che vi regna, per la semplicità di vita che vi si svolge, nell'amicizia sincera e spontanea che resiste al tempo, nell'amore di questa valle, unita all'odio più profondo per i soprusi.
Per la schiettezza dei rapporti delle persone che vi abitavano e vi abitano e la certezza di essere uomini liberi. Grazie a tutti loro.
Viva semper Bregn.

In ricordo del Pittore Paolo da Lomazzo
del Pittore Ambrogio Brambilla
Francesco Giussani,
il Maderni,
Giovan Azziglio,
Annibale Fontana,
Ottavio Soncino,
ed un Visconti.

In ricordo dell'Accademia composta da:

Or compà Zavorgna, or compà Vinasc,
or compà Pestavign, or compà Scanna-Vassel,
or compà Bocca-Fresca, or compà Sgura-Brent.
che componevano"Arabeschi" dell'Accademia del compare Zavorgna, abate della valle de Blenio e di tutti i suoi fedeli sudditi, colla licenza della Vallata-parla il cantore di versi....
Dove il poetare è espresso, non in greco o latino, ma dagli "accademici" soltanto nella purissima lingua di Blenio... ra rengua d' Bregn. Anno 1570 circa.

Nota che alcune forme dei Rabisch
terminanti in H, nella forma : soghitt, nacch, facch, scricch, lecch, sembrano messe per caricatura, mentre, in parte, corrisponde ad una genuina forma arcaica bleniese.
A Malvaglia, si può sentire ancora dai vecchi pronunciare "Tucch" per tutti.
La forma Academiglia, ricenciglia, corrisponde ad un'antica e scomparsa fonetica di cui si
raccoglie traccia dai vecchi di Lottigna, e si deve pronunciare "académllia, ricénzllia, col suono dell' L mouillé del francese grammaticale.
D'altra parte, forse, un vero dialetto bleniese, non si può trovare, perchè non ci fu forse mai.
Tra Semione e Malvaglia, tra Prugiasco e Castro, alla distanza di un chilometro, esistono dialetti diversi per fonetica, per la declinazione e spesso per le parole.
Il bleniese dei" Rabisch "sembra modellato su quello di Malvaglia.
Tratto da Antologia Meneghina di F.Fontana.del 1915, dove vengono ricordati sia il dott. Casati, sia il ticinese Brenno Bertoni.

Da qui inizia la stesura del testo che si ispira all'Antica Accademia della Valle di Blenio.
Dove l'Autore milanese, idealmente, si ritiene l'ultimo componente di questa Accademia,
in quanto, pur se italiano, egli appartiene a questa Valle, e ne interpreta lo spirito ideale.
Infatti, la bisnonna, i nonni, il padre, gli zii ed i cugini vissero, vivono, furono e sono nativi
del luogo, da un secolo a questa parte.
Egli, spesse volte, in gioventù, ebbe modo di soggiornarvi, ripercorrendo, con le ragioni del cuore, la via che molti, prima di lui, fecero nei tempi antichi: dai primi abitanti preistorici della valle, ai primi adoratori degli alberi e del fuoco, alle fate e folletti che abitavano questi boschi, alla venerazione ed al rispetto delle acque purissime dei fiumi; ricollegandosi, con la fantasia, agli abitanti delle grotte, dei passi montani, ( forse vie Etrusche verso l'interno dell'Europa), dalla dominazione romana del passo del Lucomagno, ai primi semplici campi militari: il tipico accampamento romano:"castrum". Ai primi insediamenti Cristiani del luogo, forse rafforzati dall'evangelizzatore Aquila e da sua moglie, che ospitarono Paolo di Tarso.
Tutte queste rilessioni sono, per l'Autore, abituato alla vita frenetica e moderna della città, un ritorno alla semplicità di vita. Necessaria, per ritrovare ( come fecero i primi componenti dell'Accademia da Bregn) la purezza di queste montagne, il volo delle aquile, i sentieri dell'orso e del lupo, i profumi delle felci e dei fiori della Svizzera Italiana, unendole, in sè stesso, all'Arte ed all'Archeologia del proprio amato Paese di origine: quell'Italia che vide nascere il genio di Dante, di Giotto, di Leonardo, di Raffaello, di Michelangelo; e in Lombardia: di Paolo da Lomazzo, Luini, Maggi, Balestrieri, Parini, Porta, Grossi, Manzoni, Delio Tessa, Clerici, Antonini.

Esponente della Poesia e della Canzone Meneghina; autore di vignette, disegni surreali, pittore validissimo. Amico e conoscente di moltissimi artisti di spettacolo; riconosciuto poeta da editori di giornali e scrittori; autore di canzoni, ha recentemente scritto il testo di una canzone dedicata al più grande Poeta recentemente scomparso: Fabrizio de André.
Pur essendo stato ospite di varie televisioni private e D.J. in radio, con proprie trasmissioni dedicate alla canzone milanese, o cointerprete di vari spettacoli musicali, patrocinati dal Comune di Milano, l'Associazione Arca Canora, e Radio Meneghina, amico degli ultimi grandi della canzone milanese come Nino Rossi e Mimmo Dimiccoli, per scelta di vita, ha smesso di cantare in pubblico ma, a volte, lo si può incontrare lungo i Navigli della Vecchia Milano, dove, con la sua chitarra, ama unire la propria inconfondibile voce baritonale a coloro che cantano ancora vecchie e nuove canzoni in lingua meneghina.
Continua a scrivere poesie e compone canzoni.
Ama appassionatamente la storia antica e l'archeologia.
E' un espertissimo biblista, studioso di archeologia biblica, storia ebraica antica e lingue antiche, particolarmente l'Etrusco. Possiede rari libri antichi, specialmente di archeologia e vocabolari di lingue antiche.
Frequentatore assiduo di musei e biblioteche, sempre alla ricerca della Verità, lo si nota uditore nelle aule universitarie, dove sovente conversa con i professori.
E' uno studioso instancabile, con le sue note ed i suoi appunti preziosi, si potrebbero pubblicare decine di libri.
Ha dedicato un intero anno alla copia manuale di un gigantesco libro antico scritto in latino, perchè non si poteva nè fotocopiare, nè microfilmare. Tenacissimo!
Sposato, cerca di distogliere i propri figli dall' identica passione, memore dell'avvertimento biblico:"Al fare molti libri, non v'è fine, e la molta dedizione ad essi è faticosa, per la carne ".
E' un discreto giocatore di scacchi. Non fuma e non beve alcoolici.
E' attentissimo alle profezie bibliche.
Nel proprio passato ha anche esaminato accuratamente molte versioni delle profezie di Nostradamus.
Ha una collezione di autografi invidiabile.

Della poliedrica versatilità di Claudio Grossi forniamo un esempio ai lettori pubblicando questo brano.

L ' ULTIM COMPA' ACCADEMIGH ITALIAN
CHE EL SCRIV INCOEU, DISTANT DE CINQCENT ANN
DAL TEMP CHE HANN POETAA IN LENGUAGG BLENIES:
" RABISCH ", SE CIAMA : " GROSS " . L'E' ON MILANES.

SCUSE' SE SON INCERT NEL VOST DIALETT
E SE I PAROLL, DI VOLT, HINN NO PERFETT,
MA DEMM EL VOST SOSTEGN E EL VOSTER COEUR
CHE, SE LE DROEVUMM NO, EL DIALETT EL MOEUR.
Claudio Grossi.
Milàn, Magg 2000.

B R E G N

A 's dis che in 'sto Cantòn, par sò caràtter,
quand ol Tesìn, a Milàn l'eva giontàa,
fin dal millatresentvottantaquatter
la Vall da Brègn l'è stada in Libertàa.

Evan trè i Vall dol Vicariàa Ambrosian,
inscì,"ab immemorabili", dal Dòmm,
sicur e in pas hinn stàa, per tanti ànn,
con Sant Ambroeùs, per rispettà el sò nòmm.

Lanzichenècch d' Helvetia che i comanda,
ma chì, Milàn, l'era ancamò on Ducàa,
poeù l'è stàa ona Repùblica ben Granda,
ma Brègn se governava, emancipàa.

On Gioànn Viscont de Olégg, a la besògna,
'sto feudo e el sò Castell de Serravàll,
vend al Taddeo de Pepoli, a Bologna,
che subet el comincia a devastàll.

Second la tradizion, l'è stàa on canàja.
Abusand del potér, l'è stàa inscì odios
che la popolazion, che l'è a Malvaja,
la vendica inscì, i tòrt che el ghe fa ai spos:

"Jus primae noctis! ", quest l'è el mè dirìtt!
Son mì el padron, vilàn sècca-badée!
Dàmm la tua Sposa! Fà come gh'è scritt!
Adess ciàppi anca questa! Andée! Andée! ".

Ma el ghe fa el Spos, cont la soa Sposa a fianch:
"Tì, farabùtt! Tì, prepotént! Tì, poeùrsc!
Gh'hoo mia pigòira! - E el salta sora on banch:
- adèss végn scià, ch'a t' màgni foeù anch ol coeùr! ".

L'è stàa on segnàl. Perchè a tutta la gént,
che l'era adrée a fa Festa a San Taddée,
subit, ol sangh l'è diventàa sbrojént
e la sortìss, insèmma, tutta in pée.

Hinn vegnùu foeù: cortèj, spadon, folcètt,
prèj, segurìnn, covèrc che fann de scud,
corni da boeù, forcon, randèj, ranzètt,
tant per fagh regordà 'sto gran refùd...

Gh'è scritt anmò, in di liber de Milàn,
che hann smantellàa el Castell de Serravall,
hann trucidàa el Taddeo, 'sti valligian.
Gh' hann spuàa adòss, a 'sto brutt animal.

Ma gh'è di alter robb che voeùri divv,
se gh'avii la pazienza de 'scoltàmm;
che sora Brègn se pò parlà e descriv.
Per fàmm stà cito, gh'avii de ligàmm...

Col testament del Millaequattercent,
rivendica el dirìtt de Feudatari:
Gioànn Taddée de Pepoli, insolènt,
contra i Bregnon, unii ai Sciori Ordinari.

E 'sti Ordinari del Dòmm, segond la Légg,
dichiàren, per tùcc quèj che stànn a Brègn,
che avéven mandàa lor, Viscont de Olégg,
cont l'incaregh de Podestà suprèmm.

Donca: l'è nùll el Pàtt che avéven fàa,
per sballottàss el Feudo, tra de lor.
Bastàrd, l'è el fioeù Gioànn. Gh'è niént de fà.
E per avèghel... el gh'ha inscì de corr !

Ma quest l'aveva, intant, fàa donazion
a on certo Bentivoglio de Bologna.
El Duca de Milàn, per l'occasion,
ghe dà el possèss del Titol e...la rògna...

Savìi perchè? Quand gh'è on quaj gibilléri,
el gòd el tèrz, tra dùu che se bastòna!
I Svizzer, coi Bleniés, hann fàa sul séri:
stàven ai spàll, mirànd a Bellinzòna.

'Sto Bentivoglio Cavalier, defàtt,
in Vall da Brègn l'ha mai portàa i sò pée,
la causa l'ha dàa in man a di avocàtt
per cercà de vegnì foeù da 'sto vèspée...

Nel Millaquattercentcinquantasés,
con facoltà di proeùv in istruttòria,
el Delegàa del Duca Milanés
el ghe dà on tàj de nètt, a questa storia:

"De questa Vall, al Bentivoglio, vànn
el frutt e el céns, ma: el Dòmm governarà.
Sciori Ordinari hinn Càpp. Comandarànn.
El Duca, el gh' ha la Superiorità.".

El passa on ann e ad on accord se vègn
per levà al Bentivoglio i sò pretés.
Fiorin Dòmila el gh' ha de pagà Brègn
a i Sciori Agént del Dòmm di Milanès.

Al Bentivoglio e ai Pepoli: Sèttmila,
per desmètt ogni azion, Rason e Jus.
Fasénd el cunt totàl: Fiorin Noeuvmila
per liberass dal pés de questa cros.

Per vègh 'sta relativa Libertàa
dés ann de temp hann stabilìi de mètt
el pègn de magnà carna : Denadà.
Tùcc i àlter dì: lacc, pan e erbètt.

Carna, a magnà mai pùu, s' hinn condannàa,
per alzada de màn. Per votazion.
Che esémpi de fierèzza e dignitàa
l'è anmò, per nùmm, questa popolazion!

Quell che el pareva rend tutti i Blenies
anmò pussée vesin ai Ambrosian
l'è che vegniven a viv coi Milanés.
Dal Medio Evo in poeù, da tanti ann.

Durant l'invèrna, me rivàven chì
a esercitàa ogni sorta de mestée
e, come comparìss in di Rabìsch,
tanti, in livréa, serviven de lacchè.

Fatigator onèst, tanti fidàa.
Facchìn inquadràa in Corporazion.
Hinn diventà colònn, in la Cittàa.
Brentaroeù, Cantinée, Ost de vin bon.

Servìven in di Cà de Nobiltàa,
bravìssimm, soprattùtt, a vèss di coeùgh.
Mèj di Brugnon ? Difìcil de trovà,
che fann manicarètt visin al foeùgh.

Cicolatée, boìs e polentàtt,
mercant de vin, chi pùu ghe n'ha, ne mètta.
Monéda, fann Birée e i Fironàtt,
e i pussée ricch se fànn la fabrichètta.

Vorìi on quaj nòmm? Cicolatée hinn i Piazza.
Luis Baggetti, on re coi sò castègn;
di Bruni, gran mercant de vin, la razza.
El Nodiroli, polentée d'ingègn.

Tanti rapresentànt de antìgh imprés,
che l'industria d' incoeù l'ha mandàa a pìcch,
che adèss ciàmen Lombard, eren Bleniés,
prìmma emigrànt, che poeù hinn diventàa rìcch.

I Ciani, anca i Beretta de Pavia,
forsi hinn de Tezechìn, segond la stima,
Storich i Agnelli. Gran tipografia!
Vègnen de lì, probabilmént, i Cima.

Tezechìn l'era un bèll villagg Bleniés,
a quèll che al dì d'incoeù nùmm sentomm dì,
ma ona frana l'ha sepolt tutt el paés
nel Millasettcentcinquanta, o giò de lì.

Mì che son no de Brègn, a l'hoo savùu,
nel vegnì giò da Torr a Biasca, on dì,
perchè mè pader me l'ha cuntàa sù.
Che lor, de fioeù, diséven: "Reseghìn".

Che on fioeù, giugànd, stupìi, l'ha mandàa on strìll
'na volta che el balon l'è andàa a cercà :
la ponta de la cros del campanil,
l'ha vist spontà, de colp, in mèzz al pràa...

Siccome che el paréva on reseghìn,
perchè l'era de fèrr e decoràa,
e al nòmm de 'sto villagg l'era vesìn,
da témp, inscì, i Bleniés, l'hann nominàa.

Tanc Milanés bandìi, mandàa in esìli,
hann cercàa scàmp in Brègn, in di villagg,
l'è inscì che pàr che gh'abbia avùu l'origin,
a Malvaja, el nòmm che gh'hann i Bagg.

E dìsen anca che i ultim sugèll
refugiàa in Brègn, segond la tradizion,
l'hann dàa i famili Scalvédi e Radaèll,
fondànd Scalvéd. Inospital, Ghiron.

Con tutt che quèj de Brègn, cont i famili,
da témp, se fùssen stabilìi a Milàn,
reussìven minga a bandonà i Navìli,
pur mantegnénd l'amor di sò montàgn.

Pensàven semper al Paés d'origin
a avègh ona casètta o on cassinàl,
civica religion, che dà i vertìgin
de mai desmentegàss de la soa Vall.

Regordànd, a proposit, quell che hoo dìi
al princìpi, quand che cuntàvi sù
del De Pepoli, de quèll che hann stabilìi,
per minga avègh el gioeùgh de servitù,

tornand de càpp, gh' hoo de ricomincià
a divv che el Duca l'ha pubblicàa on band,
cont i Sciori del Dòmm come alleàa,
per fà ubedì, de corsa, 'sto comànd :

"Ordin del Càpp di Càpp de tùcc i Càpp!
De fà sentìll a quèj che sénten no.
De piccàghell bén bén dénter i cràpp,
a 'sti ribèll, che me ubedìssenn no.

Sùdit prezios de 'sto mè Gran Ducàa,
vardìi bén de ubedìmm, se vorìi viv !
Se de no, ve faròo brusà la cà,
e squartaroo tùcc quèj che sopravviv!

Fèmm ordin, a tùcc quèj che sìen de Brègn,
o in de la Vall, o sìen nel Granducàa,
che quand sìen arivàa visìn al lègn
che el fà de dazi al mur de la Cittàa,

se voeùrenn conservàss anmò la pèll,
gh' hann de fass riconoss e sdebitàss,
pagand el mòdich prèzzi d'on porscèll...
Hinn stàa avisàa, i daziée, de regordàss

che: tutt i voeùlt, che incontren on Bleniés,
gh' hann de fermàll, e cavàgh giò la spesa,
per damm la tassa a nùmm che, Milanés,
l'èmm juttàa a resòlvegh la contésa.

Scrivùu, aprovàa, firmàa de propria màn,
se, quèll che sà no légg, pò minga créd,
dal Grand Lustrìssem Duca de Milàn,
chì sòtta, gh'è el Sigìll, che ne fà féd."
.
On dì on Bleniés, l'è riccamént vestìi,
el passa, impunemént, voeùnna di Pòrt,
vist che i Gendarm, fòrsi, eren drée a dormì,
o, del passagg, se n' eren nanca accòrt...

O fòrsi perchè, insèmma cont i amis,
chi sa el perchè, l'hann no riconossùu,
el passa el dàzi, ma poeù, a l'improvìs,
cinquanta pàss già dénter, de per lùu,

el se fèrma de bòtt. El ghe fà sègn ...
el torna ai Mur decìs, cont el cavàll.
"Pesèmm pur pòr on poeùrsc !...A sòmm da Brègn !
Sia mai vera che renéghi la mia Vall !"

A sentì sta richièsta del mercànt
i soldàa gh' hann rispost in moeùd volgàr.
Ma lùu, ridénd: "Mì, on poeùrsc, le paghi tant,
Ma... el paga pussée el Duca, i sò... somàr!".

Contént, el mètt i sò monéd sull' assa,
e in del moment che cunten i soldàa,
l'ha taccàa a rid, con lùu, tutta la piazza,
per quèll che el sò cavàll... el gh' ha giontàa...

Dervìi i naris, nidrénd, scoeudénd el coo,
supèrb, sui zòccoll, négher, scalpitànt,
el léva in sù la coa e, pondànd on poo:
el ghe scaréga giò ...la bonnamàn !

Claudio Grossi.

Recitata nelle rovine del Castello di Serravalle. Canton Ticino.
Nota : Descrizione di uno dei tanti episodi storici su Serravalle.
Il poemetto non ha alcun riferimento rigidamente storico,
ma è una composizione che fonde la realtà storica con la fantasia dell'Autore.
I nomi dei protagonisti e dei luoghi, sono veri.

ARIA DE NATAL

T'el védet, da l' aspètt che gh' ha la gént,
dai facc, che gh' hann i fioeù, visìn ai màmm,
quand guàrden i vedrìnn, bèj sbarlusént,
o i cartellon, sui cà, che fànn reclame.

Pàssen i tram, pian pian, sora i binàri.
Tra i macchin, i persònn, voeùrenn passà;
portand di bors e i pacch straordinari,
guarnìi de carta e nàster coloràa.

Cors Buenos Aires, Mont Napoleon,
Via de la Spiga, tutt illuminàa,
Gh'è la Gran Moda, che spettacolon !
Che gran piasè, 'sta fètta de Cittàa !

S' te pàsset in Sant Spirit, via Gesù,
gh'è ona filéra de alber de Natal:
tutta la via, la te dà el benvegnùu,
coi lampedìnn pizzàa. L'è ecezionàl !

In via Manzon, in sul canton de Armani,
gh'è on alberon che el par pién de regàj
che illumina i balcon cont i giràni,
bèj porton, di cà ricch, coi lor intàj.

In Piazza de la Scala e in Galleria
te séntet el savor de tùtt Milàn
quand, improvis, el Dòmm, su la tua via,
el te fà alzà el tò sguard, da boncristiàn.

Basta on pensér, on attim de preghiera,
per vèss in pas col mond e col Signor
per ringrazià la sort che, per davéra,
la t'ha fàa sto regàl, 'sto gran favor:

fàtt nàss e vìv in questa gran metropoli,
fàtt crèss insèmma a la modernità,
al fianch de 'sto progrèss, da Metanòpoli
al Pirellon: futùr anticipàa.

L'è l'aria del Natal, del panatton,
di cotolètt, de bon risòtt, de òss bus,
de busècca, nervìtt, luganegon,
de cornamùs, de cant a piènna vos,

de alber, de presèpi, de regàj
de augùri fàa col coeùr, de cartolìn,
del vedè per i strad on gran viavài
e del spénd on mùcc de tanti bèj quattrìn...

El ventisètt dicémber? Tutt finìi.
Se pensa al san Silvèster, a l'Ann noeùv ...
al gran veglion, a andàss a divertì.
Sèmm in bollètta? Fa niént. Anca se 'l pioeùv !

Siccome, adèss, gh'è gént de tutt el mond,
se sént parlà linguàgg de tucc i ràzz.
Milàn el cambia anmò. Pensi che, in fond,
nùmm meneghìn, dovarèmm uniformàss,

e rassegnàss, a fà de comprimàri
col noeùv padron, che èmm fàa vegnì in la cà,
l'aria de Ramadàn (digiùn a orari...)
ne abolirà: Natal e l' Hannukkà....

ClaudioGrossi.

Pubblicata su La Padania.
Grazie all'On. Matteo Salvini.
Gli accenti, anche se non dovuti, sono stati posti, per una corretta pronuncia del milanese. Licenza poetica dell'Autore.

MILLA ANN

Che bèll Milàn, quand 'rìva Primavera
e, in di cortil, se véd ancamò el So
i dònn sténden i pàgn su la ringhèra
e i ròndinìn a càscen foeùra el coo.

S' te pàsset via Palmieri e via Barrili,
in Montegani te pòdett trovà
la Baia carezzàda dal Navìli,
i sò ostarìi, in dò'e se pò cantà.

Ti sàra i oeùcc e immàgina
la Lùna, in su la Dàrsena,
speggiàss, de gùst,
in de 'l Navili Grànd.

Poètta, vòlta pàgina!
e proeùva a regordà
'me l'era el tò Milàn
de tànti ànn fa !

Gh'è no domà el Castèll
e el Dòmm, de sòtta i stèll,
con tànti bej palàzz illuminàa .
I cà vècc de ringhéra
t'je védet, quànd vègn séra,
impienìss de gént, che la ritorna a cà..

E dòpo ona giornàda
la'oràda vùndes or
te voeùret stà on poo quiètt e fà l'amor
On poo de sentimént,
prìmma de indormentàss,
l'è quèll che te fa vìv, in sànta pàs.

Se poeù, in di sògn, te vègn
la possibilità
de viv nel tò Milàn
de tanti ànn fa,
ti ciàmela: "Fortùna"
te gh' hee de ringrazià
la Bònna Stèlla che
la t'ha premiàa;

pensa che te podévet,
inveci che Milàn,
sognà de vèss in barca
... su i montàgn !
O pur vèss prisonée,
ligàa sora a on Vulcàn:
già pront, per vèss tràa giò,
come on pagàn !

Bàsa la tèrra, in dò'e te sée nassùu,
e l'è on peccàa, che ghe n'è minga dùu.
Milàn l'è irripetibil, bisògna contentàss:
... vess soddisfàa de puccià pàn in del gràss.

Se poeù gh'è el companàtich: tanto mèj!
Magna pàn e busècca, e mètt via i sghèj !
O on risottìn, còi sò rostìnn negàa
ciàppa quèll che te offrìss questa Cittàa...

Rinnèga mai Milàn, la Lombardia,
la tèrra pussée bèlla che ghe sìa !
Rinnèga mai de vèss cressùu a Milàn.
e te sarée contént per MILLA ANN !

Claudio Grossi.

Gli accenti, anche se non dovuti, sono posti per una corretta pronuncia del milanese.
Licenza poetica dell'Autore.

PIAZZALE CARRARA

S'eromm in tanti fioeù, lì sul Piazzàl,
el nòster camp de gioeùgh de gioventùu.
Mì, el Sandro, el Nino, l'Angelo, el Natal;
ona vintènna, o fòrsi : vintidùu.

On pràa delimitàa tra ona gran stràda :
via Ascanio Sforza, la via Cermenàa,
dùu fòss cont l'acqua ciàra, rinfrescàda
dal vérd di òrt, dai piànt, l' ombrìa di cà.

Lì, me ricordi, gh' eren i binari,
perchè passava el "Quindes" e poeù el "Trii",
gh'era el manovrador, col bigliettàri,
a portàj giò, in De Sanctis, tutt i dì.

Lì gh'era el nost confìn, la nostra zòna
tra Montegani, Meda e poeù la Baja,
vedèvom la Torrètta, la Baròna,
Tibaldi, el nòst Navili, cont l'Alzàia.

In sul canton: dùu pont, fàa de matton;
el gabiòtt del ciclista, nost amis;
el bar pién de cliént ambrosianon
a giugà e toeùss in gir, per divertìss.

E nùmm, fiolètt, spettàvom l'anciovàtt,
che andava dént a bév, e giò ... a fregà,
dal sò carètt, quand lùu l'era distràtt,
da i tòll avèrt, brancàd de pèss salàa.

Quand rivàva el giazzée, cont el carètt,
e lùu el piccàva el fèrr, coi sò manàsc,
per spaccàa i blòcch de giàzz, quanti tocchètt
borlàven giò, per impienì i mè brasc !

Coi tòcch de giàzz, fàa sùu in del fazzolètt,
pestàa de prèssa, cont in man i sàss,
quanti granìtt fasévom, in gruppètt,
con zùccher e limon, per dissetàss...

A la Milan Sanremo, i corridor
vegnìven semper chì, per radunàss:
Bartali, Coppi, Magni. Che color
i biciclètt, i màij, in l'allineàss !

Piazzàl Carrara, amis de gioventùu!
Quanti volt t'èmm scavàa per fà la pista!
Quanti volt, giugànd, te m' hée scondùu
tra i alber de sambùgh, foeùra de vista...

Profùmm de fior, e de lenzoeù stendùu...
voeuja de rinnovass, desmentegà
el dolor de la guèrra, che èmm perdùu,
cercand on quadrifoeùj, sora el tò pràa...

Quanti partìd, cont el balon, èmm fàa
coi scarp s'ceppàa e cont i calzon curt,
senza la canottiéra, tùcc sudàa
coi màmm che ne vosàven, in la cort...

Car el mè Fabio, car el mè cusìn,
ricordi anmò la toa majètta rossa
quand tutt e dùu scartàvom i terzìn :
"Allemann" e "Mazzola" a la riscòssa...

Te se ricòrdet? Dì ... 'stò témp lontàn?
Quand che tò Pader te portava chì
durant l'estàa, da Torr, fin a Milàn,
chì, in de la Nonna, el Nonno e tùcc i Zii ?

Dìmm : a podè tornà, domà on momént,
indrée, in del témp de questa vitta avara,
come regal, per vèss anmò content,
te piasarìa tornà in Piazza Carrara ?

Soo che l'è domà on sògn, ona poesia,
quàtter paròll in rìmma, che ghe voeùr,
a scriv, 'sti ròbb, 'na bèlla fantasia...
Ma tègn a ment che l'ha parlàa el mè coeùr.

Claudio Grossi.

Pubblicata su El nost Paes.

Alla culla della nostra infanzia a Milano,
dedicata ai miei amici e a mio cugino Fabio.
Gli accenti, anche se non dovuti, sono posti per una corretta pronuncia del milanese.
Licenza poetica dell'Autore.

CHI SA ' ME TE SAREE

Chi sa 'me te sarée, Milàn, tra dusent ann ?

On super moster de cemént armàa,
cont i càa esagonàj, come alveàr.
Senza on tocchèll de vérd, on strasc de pràa
a dàtt l'ossigen, per fatt tirà el fiàa.

Chi sa come sarànn tùcc i tò fioeù?

In maschera antigas, in fila indiànna
per andà a scoeùla, in metropolitànna,
tùcc smort, rachìtich, che per fà on poo de sport.
ghe farànn vedè on càmp, domà in del dì di mòrt...

Te sarée vèggia e piènna de dolor ,
o pur resuscitàda, per amor ?

O la Natura l'avarà fàa el miracol
de frantumà el cemént cont el so' vérd
e tì, Milàn te sarée anmò on spettacol
de piant, de fior, de amor, de sentimént?

Chi sa, 'me te sarée, Milàn, t'el giùri,
che vorarìa, campà in salùd, finna a quèl dì,
per vèss presént , e podè fatt i augùri
de vìv anmò milla ann, insèmma a chi,

incoeù, el se sbatt, per minga fàtt crepà
tra i gas de scàregh che fànn i automòbil,
che el cerca a tùcc la solidarietà,
sien gént normàl, borghès, magùtt o nòbil.

Che el dis a tùcc de minga fàss fregà
da 'sto progrèss, che in nòmm de chissà che,
l'impedìss al cervèll de ragionà,
perchè, se pensomm, sèmm come andeghée.

Incoeù, sèmm tùcc consciàa de vèss tràa via,
illus de avèe 'quistàa l'immunitàa,
quell che ne dìsen spèss, l'è ona bosìa.
infàtt, chì, se rièss minga a respirà.

Ma, l'important, l'è che: gh'èmm i computer,
el cellulàr, la màchina, i danée,
i dònn rifàa de noeùv, i mas'c con l'uter,
el Grand Fradèll, la Borsa, i Banch ... Alé!

Basta che te sée dént on gabinètt,
te troeuven subit, via satellitar!
Te mànden a ranà per via Internèt,
se rendomm minga cunt che sèmm: schedàa.

Gh'èmm on cavall de corsa? El ciàmomm : BRONCO...
Come gh'èmm de ciamàll, vist che l'è... bols?
Perchè, in allenament, per saltà on tronco,
ghe voeùr la gru, dùu crick e trii autobùs.

La Dolly la me scriv che el voeùr clonàll,
che la voeùr fa on icrocio con i bèer,
che hinn stuff de vèss cuntàa. Campa cavàll...
vann a dormì e tirenn giò la clér.

Al post di bèj polmonn gh'èmm di bèj... PULLMAN,
i fior se véden dénter a Musòcch
per fà l'amor... le fèmm, però in notturna...
Nei temp supplementar, mèttom el rock.

Vitta de càn, vittàscia de galèra.
l'è matt chi viv inscì, matt de ligà.
L'è mèj crepà, che viv in 'sta manèra.
Basta dì : NO. L'è assée, per comincià.

Claudio Grossi

Gli accenti, anche se non dovuti, sono posti per una corretta pronuncia del milanese.
Licenza poetica dell'Autore.

CRISTOFORO COLOMBO 32


Giò del cavalcavia che gh'è a Sarònn,
da Varesina, in su la ferrovia ,
gh'era el mè zio, de cà, cont i sò dònn,
cioè: la mia cusìnna e la mia zia.

Quand s'eri on fioeù, ghe andavi, in bicicletta,
(in quàtter pedalàd, s'eri già lì),
e giò, in discesa, istèss d'ona saètta,
mì ghe rivàvi, quasi tutt i dì.

Perchè podévi sténdem, sora el vérd
d'on pràa a l'inglés, che el zio l'aveva fàa,
con tanti piànt e àlber sempervérd,
innànz a l'ort, semper bén coltivàa.

E me correva incontra anca el Gimìn,
on can fedél e dòcil 'me on agnèll,
con quèj che el conosséva, ma on ciappìn
con chi el cercava de passà el cancèll.

On càn de media tàja, cont 'na smàggia
négra, redònda, in del mèzz del sò pel gris,
che el ne paréva, quasi, on càn de caccia,
anca se, i passeròtt, eren sò amis...

Gh'era ona gatta grassa e poltronàscia,
mantegnuda a polmon e grass de 'ròst,
mèzza sorniònna cont ona boccàscia
bònna de ciappà i ràtt, ma de nascòst...

Gh'era ona tartaruga, la: Rebècca,
che la passava, a... svèlta, sotta i scés,
ma quand te la vedévet: gnècca gnècca,
la 'ndava a indormentàss, per ...vùndes més...

Cristoforo Colombo trentadùu,
Via Marco Polo, zòna di villètt,
in su ona strada granda, indoe, scondùu,
gh'era 'sto pòst, tranquìll e benedètt.

La mia seconda cà de gioventùu,
on bèll terràzz de 'nanz a la villètta,
che el dava in su ona stanza, bén tegnùu,
on corridor, 'na còmoda stanzètta ,

on gran salon, tinèll, con la cusina
on grand buffet, impienìi de ròbba bònna,
e me ricordi el ciar de la cantina
dove andavi a giugà con 'na birbònna...

On alber de Natal, finna al plafon,
con sù i usellìtt, fàa de metàll e piùmm,
nev in fibra de véder, col baston,
per pizzà i candilètt. Ah..., che profùmm !

Ricch de regàj, de bon ciccolatìnn,
de tutt i form, a imàgin de on nanètt,
on cavrioeù, on agnèll, on violìn,
e poeù ballon, biscòtt cont i amarètt,

salàm, giambon, scarpètt e lampedìnn
tùcc coloràa, tra carta de stagnoeùla,
nàster doràa, d'argént, e toronìnn,
ligàa a i ramètt del pìn, castègn, niscioeùla...

Cristoforo Colombo trentadùu....
S'te pénset ? Che me son desmentegàa
la voeùlta del morbìll, quand ghe l'hoo avùu?
La zia Liliana, quand la m'ha curàa?

Quand che gh'hoo avùu el paltò, cont el majon,
el treno militàr, quand s'eri on fioeù,
quand che vourévi bén, quand s'eri bon,
minga el cagnàsc che son, al dì d' incoeù?

I prìmm canzon sentùu quand gh'éra i fèst...
i amis de mia cusìnna : la Gabrièlla,
mì che cambiavi i dischi (l'era prèst
per ballà insèmma a lor) ...pòrca sidèlla !

I prìmm canzon d'America, i prìmm rock,
el cha cha cha, ma i Platters, el Paul Anka,
Pat Boone, el Neil Sedaka, tùcc in blòcch
eren di moster, col Presley in blusa bianca...

I Jeans, i ribattìn, i cinturon,
i teddy boys, James Dean, la sottogonna,
i cavèj cotonàa, hoola hop, television,
el frigo, la sescént, a voeùlt, la nonna...

La settimana bianca, i sci de lègn,
la Mondadori noeùva, i bèj scarpon,
el liber di ricòrd, cont i disègn
firmàa dai tò compagn, nel cassetton...

La Mina el Celentano, i urlator,
i brivid eren bleù, gh'era el Dallara,
el la Warm Morning in del mèzz del coridor..
Ghe pensi e la mia mént la se ris'ciàra.

Nùmm, come fior, cressùu in on temp gentil,
sèmm trovàa grand e gròss, quasi de bòtt.
Vànza on ciccìn de témp primaverìl,
ma gh'è già chì l'invèrna. L'è già nòtt.

Cristoforo Colombo trentadùu :
mì, te rivédi, come tanti ann fa.
Dal millanoeuvcentcinquantadùu.
Isola in del mè mar... Gh'è niént de fà.

Claudio Grossi

Ricordo della mia infanzia a Saronno.
Il disegno al computer è di Claudio Grossi.
Gli accenti, anche se non dovuti, sono posti per una corretta pronuncia del milanese.
Licenza poetica dell' Autore.

VIA DAMIANO CHIESA 14

L'era el quattòrdes, diventàa dersètt,
la Via Damiano Chiesa vintidùu,
in su la curva, in mèzz a dò viètt.
Ghe son andàa de fioeù. Ghe son cressùu.

La villa bianca, granda, de dùu piàn
cont i bèj scàl de marmo, inscì elegant,
te la vedèvet sùbit, de lontàn.
L'era la mètta de tutt i passànt.

L'è stada la miglior abitazion.
La pussée bèlla cà che mì abbia avùu.
L'è mèrit del Scior Mario Lazzaron,
e de mè Pàder, che l'hà conossùu.

Perchè el mè nònno Dante l'è stàa on Càpp
de la sua Azienda, quand l'era a Sarònn,
e sò dùu fioeù, hann cominciàa de càpp,
dopo la guérra, hinn stàa 'me dò colònn.

Vun l'è mè pader, l'alter el mè zio;
però faseven minga i Amarètt...
In dùu repàrt divers, a le sà Dio,
quanti quintàj de wafer e de "sècch" !

Come regàl gh'hoo avùu l'intelligenza,
la gentilezza, la serenità,
i Suor che me insegnaven, con pazienza,
da l' A Be Ce ... la vitta de frontàa.

I mè compàgn de gioeùgh semper visìn,
vegniven a cà mia per restà lì
a guardà al mè teater : Arlecchìn,
che el cantava canzon, per tutt el dì.

O pur, quand che giugàvom ai bandìi
e se scondevom in di camp de gran,
fasevom finta de vèss mòrt, ferìi,
colpìi da i frècc d'ona tribùu d'Indiàn.

La primma volta, cont i tosannètt,
che èmm streppàa giò panòcc de bònna lènna,
provand a pastrugnà di sigarètt
e mèttes el pél fint ... e rid insèmma .

Oppur andà a fà el gran, sotta on covon,
montà sul càrr tiràa da on cavalàsc,
fà di fortìn, costruìi con attenzion
in loeuùgh stratégich, come soldaràsc...

E pur nùmm serom fioeù, coi tirasàss,
su la murèlla intorna a la mia cà,
de sotta i piant de nos, a imaginàss
'me Tarzan, in la giungla, a comandà.

Scernìvom di baston bèj drìzz, lisciàa,
lavoràa, per tutt el dì, cont el cortèll,
per fà di frècc e l'arco sagomàa,
istèss de Robin Hood e Guglielmo Tell.

I sér de Magg, tornàa a cà de la Gésa,
se trovàvom cont i biccér in man
per mètt i lusiroeù, fà ona sorpresa,
e conservàj gelos, finna al doman.

Dal mè terrazz, d'inverna, se vedèven
i rondin radunàa de sora al fil
de la lus, a spettàa. Par che diséven:
" Vèmm......tornom cont el So primaverìl...

Ciao, neh... Fà 'l brà'o. Che nùmm andèmm lontàn,
ma spèccia l'ann che vén, te vedarée
che sarèmm chì, ancamò, in del ciel Padàn,
a volteggià, in del vent, innànz e indrée ".

Profùmm de caldaròst, de vin brulè,
de pèll de mandarìn brusàa in del foeùgh,
de niscioeù, de figh sècch, maròn glassé.
De puré, de tacchìn, de ravioeù in broeùd...

La mia ghitàra, el treno, el mè fortìn,
l'orelogg a cucù, di liber noeùv.
La cartella de scoeùla, lì visìn.
La vos di mè sorèll, che me comoeùv.

Quand che andavi in cantina a toeù la lègna,
insèmma a una gran tòlla de carbon,
l'era pesant, quasi a s'ceppàmm la s'cènna,
ma vorevi fà vedè che s'eri bon.

Fasevi domà on viagg per la paura
d'ona presenza strana che soo no...
Me pareva de sentìmm ona figura
de drée de mi...( me le ricordi anmò).

Bastava on gran respìr e ona preghiera,
per damm la forza de smorzà la lus,
quàtter basèj a la vòlta, de carriera,
in sètt second : on fùlmin! ... giamò sù.

L'era al quattòrdes, diventàa dersètt.
In Via Damiano Chiesa vintidùu.
La cà del Lazzaron, quell di Amarètt.
Ghe son andàa de fioeù. Ghe son cressùu.

Claudio Grossi.

In ricordo della mia infanzia a Saronno.
Gli accenti, anche se non dovuti, sono posti per una corretta pronuncia del milanese.
Licenza poetica del'Autore.

FREGUJ DE L' ART

Se l'antenàa Tomàs, nel témp passàa,
l'avèss scrivùu canzon col Carlo Porta,
stée pùr sicùr che l'avrjen condannàa
per on acént, per ona rimma stòrta.

De crìtich, de purìsta de strapàzz,
l'è pién el mond, e inscì de moralìsta;
'sta gént, la fà de tùtt, pùr de slongàss
finna a l'altèzza del protagonìsta.

Fàls, smorfiosètt, lecchìn, ruffiàn, piangìna
copiòn, stonàa, oreggiàtt, slargadentéer
chi se dà l'ària de vèss la regìnna
e invéci l'è ona grànd... svojabiccér.

Quànd vègn la séra, vànn in ostarìa,
tùcc intappaa, per fàss vedè bén bén,
o per lumàgh i tètt a la Lucia
che, intànt, la ghe dà i lìter, per el pién...

Pò'er ciòccattée ! Pò'eri barconi in sècca !
Sòtt al Navili, d'acqua n'è passàda !
Adèss rùsen i bàll...mìnga la stècca !
Dìmm : chi se pò vantàss de 'sta lassàda?

In quànt al fàtto, poeù, de scrìv poesìa,
per vun, che l'ha faa i scoeùr come on asnon,
i rìmm, sortìssen foeùra per ... magìa?
O per... miràcol de la Concezion?

Quèj che spù'enn senténz per tùtt i pàrt:
ràzza de càn bastàrd nèttabaslòtt
che se conténden i fregùj de l' Art
cont on rimàri vècc come i casòtt !

Sicùr! Me dò di àrii mèj de lor
perchè mì gh'hoo la Stòria, in di mè vènn !
Son bon de scrìv in Pròsa a tutt i or
stràsciàj in Poesìa, lassàgh el sègn!

Milàn! Milàn, città di meravìli !
Da Cors Venéssia fìnna in via Barrili,
dal tò Carobbi finna al tò Castèll,
spiegom: còssa gh'è, al mond, de pussée bèll?

Vorèmegh bén, a quèsta Grànd Cittàa !
Dal Dòmm a la Cà Grànda, al Cors Monfòrt,
la Sùpercapitàl del lavorà,
dai sò Navìli, al gìr de tùtt i Pòrt.

L' Inter, el Milan, dò squàder mondiàj
San Sir, la Scala, Brera, coi pittor,
San Babila e, desmèntegala mai,
la Montagnètta, cont i nòst dolor.

La Gésa de San Marc, Mont de Pietà,
in Piazza Cinq Giornàd : la Libertàa,
Antichitàa, ai Colonn de San Lorénz.
La Piazza Vedra la strèppa i Coscienz.

Piazza Fontana... a tòcch a tòcch la gronda
de sangh e d'acqua: Banca Nazionàl,
quand che el Pinelli l'è andàa giò de sponda...
quand in Questura el s'era ròtt i ball..

E adèss, vegnì chì, a dimm: chi l'è el Poètta?
Sii bon de parlà bén del vòst' Paés?
Se permettìi, mi ve la cànti sc'ètta:
Son Meneghìn... e parli: el Milanès !

Claudio Grossi.
Gli accenti, anche se non dovuti, sono posti per una corretta pronuncia del milanese.
Licenza poetica dell'Autore.

RINGRAZIAMENT DOVUU A ON AMIS DISINTERESSAA

Car el mè amìs, mi gh'hòo de ringraziàa,
per i cinq liber, che Lùu el m'ha prestàa,
e nel frattémp, ringràzij el bon vinée
che el m'ha permìss de conversà con Lée.

Oh, se el savèss che grand piasè gh'hòo avùu
nel fagh sentì 'sti pover quàtter rìmm,
quand me sentivi on Meneghin sperdùu,
in mèzz a tanc terroni e marocchin!

L'è stàa el Signor, che l'ha vorùu jutàmm,
e mètt el sò bon coeùr sul mè cammin.
Apos tanc lagrim, l'ha vorùu 'scoltàmm,
e presentàmm, dennànz, on: Meneghìn!

Va' che te va', on bèl dì, in quèll de Segràa,
inaspettatamént, come in on sògn,
giust appena finìi de lavorà,
la sort, la m'ha fornìi, di mè besògn.

Hoo trovaa on angiol, on fradèll, on òmm
che, in del légg tùcc i mè castronerìj,
el m'ha jutàa a scavà, sotta a quell Dòmm,
per imparà a scernì i me fantasìj

e fà in manèra de scriv pussée polìd
la léngua pura di mè busecchée,
ma senza provocà, chi légg, al rìd,
senza straccà, nè fà el sècca-bedée.

Hoo amàa tùcc i Poètta de Milàn,
hòo ritrovàa el cordon ombelicàl,
el Magg, el Porta el Balestréer el sànn
che el Gròss l'è mè antenàa fenomenal!

Donca, cont 'sti trii quart de Nobiltàa,
se permettì, me foo coragg, aspètta!
Se me fìi post, me pòdi comodà
e vègh l'onor de vèss ciamàa: Poètta.

Ma mì, chi son, che gh'hoo 'sto gran pensér,
inscì anormal, e tanc insuperbios,
sì de preténd de vèss, come fùss vér,
portàa de colp tra Vuu, Poètt Grandios?

Che mérit mì gh'hoo mai, rispètt ai alter
mortai, che hann fàa Poesia, primma de mì ?
Se non quèll de avègh on bon caràtter
e scernì, cont el coeùr, 'se gh'hoo de dì?

Gh'è niént che incoeù me fà divèrs de lor.
Per quèst mì son confus e inscì dubbios...
Se son Poètta o no, le sà el Signor.
Perciò :"Tirèmm innànz!". Cont quèsta cros.

Claudio Grossi.

Dedicata all' Amico Farina, di Segrate.
Gli accenti, anche se non dovuti, sono posti per una corretta lettura del milanese.
Licenza poetica dell'Autore.

COME ON CAMALEONT

Grazia, se te savèsset el piasè
che mi hoo provàa, quand t'hoo strengiùu la màn,
quand te m'hée dìi :"Adèss voeùri vedè
se te sée bon de decantà Milàn

a quèj che vègnen chì, in Piazzal Carrara,
a ricercà la vèggia tradizion
che voeùr i menestrèj, cont la ghitàra,
a regordà i Poètta, e i bèj canzon".

El Nino, el Mimmo, do'e hìnn andàa a finì ?
El témp el passa, ormai gh'è niént de fà,
Resta on quàj disco, on ritmo, on L.P.
on ritornèll, smarìi, in del témp che và...

'Na musica lontana, on' atmosféra;
forsi, el profùmm d'on fior, desmentegàa...
on vol de rondinèj, la Primavera,
basta on lenzoeù, stendùu, de sora on pràa...

Milàn, che l'era nòster, el gh'è pùu.
L' hà cambiàa pèll, come on camaleont,
adèss, l'è négher, giàld, turchés, indùu,
gh'hann portàa via i montàgn, e l'orizont.

Grazia, se te savèsset el magon
che me vègn, in de'l coeùr, a regordà
quand che nùmm preparavom i canzon
e serom chì, in Brioschina, a immaginà

de vèss i prìmm, de vèss i preferìi,
dal pubblich ambrosian, da la Cittàa,
a creà Poesia, de nòtt, del dì,
con Radio Meneghina a organizzà?

Grazia, col tò Sanson, con la toa Mary,
La Nora, el Lidio, el Nino, el Boi, el Barlètta,
el Carlo, el Cesarìn....che gibilléri !
Ognùn, con la sòa bèlla canzonètta

de regalà a la gént... Parlava el coeùr !
Te se ricòrdet ? Anca mì, con lor.
Visìn al Nino : capì còssa ghe voeùr,
per fà rivìv Milàn, col nòst Amor.

E vist che adèss, ormai, quasi nissùn
el cerca de riunì chi ghe voeùr bén,
me pàr sia rivàa el témp pussée oportùn
de scriv di noeùv canzon, nel ciel serén,

de arà 'sti camp, de ritrovà i radìs,
mèttes a lavorà, come convén,
per fà crèss tutt i frùtt del Paradìs,
seminànd Poesia, in 'sto terrén.

Tì, con la toa esperienza de la gént,
t'hèe 'scoltàa, in del tò coeùr, tutt i mè scrìtt;
e mì, a chi me voeùr bén, ghe cerchi niént.
E quèst l'è el mè regàl. L'è el tò dirìtt.

Claudio Grossi

Nota:" El Nino e el Mimmo" sono: Nino Rossi e Mimmo Di Mimiccoli.
Gli altri sono amici dell'Autore e personaggi della:
Brioschina ( Tipica Osteria di Milano, sul Naviglio ) dove si riunivano gli Autori e i cantanti meneghini, per creare, dal vivo, poesie e canzoni, e cantare le tradizionali canzoni milanesi.
Il locale sorge a 50 metri dalla casa dove è nato Claudio.

Gli accenti, anche se non dovuti, sono posti per una corretta lettura del milanese.
Licenza poetica dell'Autore.

MI VE CERCHI NO SCUSA

Mì, ve cerchi no scusa, perchè, i scus,
gh'hoo de avèghej mì, che, meneghìn,
son costrètt a 'scoltà, in moeùd confùs,
on baslòtt de scemàd, che, 'sto destìn,

me costrìng a sorbì, da pseudo attor,
che, istèss de tanti attor minga pagàa,
segùtten a sbraggià, con tant calor,
sora on palch scènich, mèzz desmentegàa.

Tanti porscèj settàa, sora di scràgn,
bèj sgonfi de lardàd, de grand leccàd,
che gh' hann l'autorità de vègh guadàgn
se stòppen, in sul nàss, i barricàd...

Rivoluzion, ghe voeùr ! Perchè se sa

che i gran poètta gh'hann l'abilità
de scriv paròll che se capìssen no,
che on bon vocabolari el pò spiegà,
ai tanc ignorantòtt, che sànn nagòtt.

E mì, me son stuffìi, de indormentàss,
ai tanti conferénz che fann, incoeù,
per presentà poètta de strapàzz,
che invìten al dormì, fin che se poeù...

Son stràcch de vèss guardàa compagn d'on màtt.
Che i "Grand" poètta gh'hann de sopportàmm.
Anca se gh'hoo on infàrt, e gh'hoo de sbàtt,
nissùn se toeù la briga de jutàmm...

Fà niént, nagòtt de dì. Mi son nissùn.
Ma se, la dignità, la vàr anmò,
cerchèmm, ve disi, se gh'è anmò on quajvun
che el pò insegnànn che rimma mèttom giò...

E quand avarèe trovàa chi l'è maèster,
on òmm de clàss, che el scriva di bèj ròbb,
cercand chì, in Patria, oppur cercand a l' èster,
sarìi anmò bon de fall diventà snob,

e de cercà de rompigh i ... balèster
tutt i momént, e de trovà occasion
de criticàll in pùblich, col capèster
de fàll passà: de pirla, tra i cojon ...

E mì, che, ormai, conossi già l'ambiént,
me guardi bèn da vojàlter. Leccapée !!!
Dij voster crìtegh, m' interèssa niént.
Avìi sbagliàa indirìzz. Rompa badée !!!

Se spettìi, al varco, on òmm, per mincionàll,
da grand vigliàcch, poetàster, copionàzz,
ve tiraroo giò mì, dal pedestàll...
di voster pajasciàd, m' importa on càzz !

Claudio Grossi.

Poètta, se nas... donca... stée a la larga.

Gli accenti, anche se non dovuti, sono posti per una corretta pronuncia del milanese.
Licenza poetica dell'Autore.

MI e TI

Mì e Tì
tùcc e dùu
imbesuìi
tùcc e dùu
inamoràa
come el prìmm dì.

Tì, te séret
on fiòr...
e per fà l'amor
te vegnivi a cercà
sotta cà;

hinn passàa i ànn
da quand
s'eri on gallètt
e te lumàvi per
toccatt i tètt...

Stàtt insemma de can
in on camp de gran
farfojà, streppà giò,
poeù soo no... boh...

Fà l'amor 'me dannàa
tutt e dùu ben taccàa,
mì soo no, se se pò...

Adèss pàssomm
i sér settàa in cusìnna
de 'dré a on biccér
de ménta granadìnna...

Col càld che fà
d'estàa
gh'hoo minga voeùja...

gh'è minga el vént,
se moeùv
nanca 'na foeùja.

Ma Mì e Tì
tùcc e dùu imbesuìi
tùcc e dùu inamoraa
come el prìmm dì.

Mì e Tì
tùcc e dùu imbesuìi
tùcc e dùu inamoraa
come el prìmm dì.

Claudio Grossi.

Cantata e registrata a Tele Padania in Muse Padane

Pivano

Pivano